La risposta è dentro di te?

Domande e risposte, uno sketch di qualche anno fa, un esperimento vintage e un’idea personale.

Chissà quanti anni hai… io ne ho 37, anche se sono del 1979. Compio gli anni in novembre e amo godermi tutto l’anno senza anticipare i conti. Se sei molto più giovane di me potresti non conoscere Quèlo. Lui è quello che diceva: “La risposta è dentro di te. Epperò, è sbagliata!“.

La risposta è dentro di te?

Si è soliti usare una metafora secondo la quale le risposte sono dentro le persone. Penso che, come tutte le metafore, anche questa sia una possibile descrizione di ciò che si vuole rappresentare.

Il senso è più o meno: non cercare chissà dove le risposte ai tuoi problemi perché, alla fin fine, la risposta ce l’hai tu.

In effetti, chi mai potrebbe avere le risposte e la capacità di rispondere (respons-abilità) per la propria vita se non la persona stessa?

Io, ‘sta risposta, non la trovo!

Questo commento lo ricevo, più o meno, una volta al giorno! Qualche volta me lo dico pure io stessa: ‘sta risposta, non la trovo!

Le risposte arrivano se ci sono le domande.

Una persona correva per le strade gridando:

“Ho le risposte! Ho le risposte! Chi ha una domanda?”

Storia Ebraica

Le domande, per dare risposte utili, debbono essere parimenti utili. Il compito della domanda è suscitare una risposta: più la domanda è volta a stimolare una risposta utile, più sarà importante porla.

Ti può interessare anche: La magia delle domande

Dove origina la risposta

La risposta è data da un’elaborazione da parte dell’organismo degli stimoli che riceve nel presente, dalle esperienze già fatte e dalle aspettative rispetto al futuro. In questo senso, la produzione della risposta è interiore: cervello e altri componenti del sistema nervoso cooperano per produrre una risposta: verbale, emotiva, d’azione…

La risposta, per la stessa ragione – ossia perché dipende dall’elaborazione di stimoli -, potrebbe essere definita esteriore.

Ti racconto di un esperimento del 1931, condotto da Norman Meier.

Quanti  modi riesci a immaginare per legare due funi?

Meier appese due lunghe funi al soffitto di una stanza. La stanza era piena di oggetti, mobili, attrezzi e arnesi e le corde erano posizionate in modo che, tenendo l’estremità di una corda, non si riuscisse ad afferrare l’altra.

A chi entrava nella stanza era chiesto:

Quanti modi riesci a immaginare per legare le estremità delle funi?

Le soluzioni possibili, per questo compito, sono quattro:

  1. Tirare una fune verso l’altra, ancorarla a un oggetto e poi andare a prendere la seconda fune;
  2. Ricorrere a una terza fune da legare a una delle due per farla diventare più lunga e permettere a chi la afferra di raggiungere anche l’altra fune;
  3. Afferrare una fune con una mano e con l’altra usare un arnese (ad esempio un bastone) per tirare a sé l’altra fune;
  4. ?

La soluzione 4 consiste in: far oscillare una fune verso l’altra per avvicinarle e riuscire ad afferrarle.

Questa soluzione venne in mente solo ad alcuni partecipanti all’esperimento, inizialmente. Poi…

Il gesto “casuale”

Meier introdusse una variabile. Lasciò le persone riflettere per alcuni minuti e poi, senza dire nulla, si spostò muovendosi verso la finestra e, “casualmente“, sfiorò l’estremità di una fune facendola dondolare.

Accadde che quasi tutti a quel punto seppero identificare l’oscillazione come quarta soluzione possibile.

Faccenda curiosa, nessuno seppe riferire al gesto appena visto la propria risposta: tutti si trovarono a dare narrazioni della loro risposta legate a esperienze e conoscenze passate e a previsioni sul moto fisico delle funi in oscillazione.

La soluzione n.4 pare quindi emergere dall’elaborazione sensoriale dello stimolo presente + ricordi (passato) + capacità di prevedere (futuro).

La risposta è dentro il tempo?

Ecco la mia curiosità: la risposta – che dipende dalle domande – è dentro il tempo?

Più faccio questo lavoro, più vivo la mia vita personale e più penso che la risposta alle  domande sia dentro il tempo e si crei nell’intreccio di passato, presente e futuro…

… E più penso che dipenda dalla qualità delle domande che mi pongo.

D. Epston

Riferimenti bibliografici:

Maier, N.R.F. (1931). Reasoning in Humans: The Solution of a Problem and Its Appearance in Consciousness. Journal of Comparative Psychology, 12, 181-194.

Piccolo Eserciziario di Felicità

4 esercizi per trovare la Felicità e viverla, a modo tuo.

Se hai cliccato questo link, ti interessa la Felicità. Meglio ancora, ti interessa conoscere esercizi da svolgere in autonomia per ottenere Felicità. Eccone alcuni, apparentemente distinti ma integrati.

#Esercizio 1: Com’è fatta la Felicità?

Come rappresenteresti la Felicità?

Somiglia a una canzone? Oppure a una fotografia? O a una parola, un colore? Forse somiglia a un odore o a un sapore?

Concediti di dare un’aspetto concreto alla Felicità.

Ora che conosci la tua rappresentazione di Felicità puoi:

  1. Portarla con te e incontrarla più spesso;
  2. Ricordare che la Felicità è altro da te, così come l’Infelicità. Puoi provare Felicità e essere in relazione con la Felicità, puoi collaborare con la Felicità, sfidarla, amarla, volerla vicina…

Questo esercizio ha come riferimento teorico il concetto di “Esternalizzazionne del problema” di Micahel White.

#Esercizio 2: Dove senti, nel corpo, la Felicità?

Se ascolti la canzone che rappresenta, per te, la Felicità oppure ne guardi la fotografia, ne ripeti a voce alta – o tra te e te – la parola associata, ne annusi l’odore o ne gusti il sapore…

Dove senti la Felicità? Forse al petto? Sulle braccia o sulle gambe? Sulle labbra?

Ora che sai dove sei solito sentire la Felicità puoi:

  1. Rievocare questa sensazione durante la giornata;
  2. Rievocare questa sensazione quando ti trovi in momenti difficili.

Questo esercizio ha come riferimento teorico scientifico il Focusing di Eugene Gendlin e le metafore terapeutiche di David Gordon.

#Esercizio 3: Quali comportamenti ti fa fare la Felicità?

Azioni: Quando provi Felicità che cosa fai? Leggi? Chiacchieri? Fai sport? Cucini?

Pensieri: Quali pensieri fai quando provi Felicità?

Ora che hai notato quali comportamenti ti fa fare la Felicità puoi:

  1. Ripeterli per vivere la Felicità;
  2. Condividerli.

#Esercizio 4: Che faccia ti fa fare la Felicità?

Che espressione assume il tuo volto quando provi Felicità? Puoi farmi una cortesia? Vai allo specchio e prova la tua “Espressione da Felicità”… un po’ di più… ancora un po’… non esagerare, ora! 😉

Ora che hai notato qual è la tua espressione di Felicità puoi:

  1. Rifarla allo specchio tutte le volte che vuoi:
  2. Mostrarla agli altri.

Questo esercizio ha come riferimento teorico scientifico gli studi di Paul Ekman sulle espressioni facciali riferite alle emozioni primarie.

Facendo questi 4 esercizi, hai inizato a entrare in contatto con la Felicità.

Puoi conoscere altri esercizi o approfondire questi…

Puoi vivere la Felicità con più frequenza,

Puoi assaporarla senza temerla e,

aspetto importante,

godere la Felicità senza scivolare nell’Euforia.

Ti propongo …

La soluzione che ho messo a punto per te: Esercizi di Felicità.

Comprende 3 incontri, alcuni esercizi da fare a casa, in autonomia – che puoi condividere con chi vuoi tu – e la copia cartacea di Kαιρός ( Kairós ).

Ti piace l’idea? Puoi chiedermi maggiori informazioni scrivendo a fontanella.francesca@gmail.com

Brr che freddo! Riscaldare mani e piedi con l’aiuto della mente

freddo

Hai letto il titolo e provato incredulità? Non ci credi? Dammi il tempo di raccontarti una storia.

Si racconta che…
…durante la seconda guerra mondiale, prigionieri e soldati utilizzassero l’esercizio del Calore del Training Autogeno per riscaldarsi e affrontare meglio le privazioni. L’esercizio, la cui esecuzione iniziale richiede la guida di un professionista, implica l’utilizzo di particolari tecniche di respirazione e di concentrazione che aiutano a produrre calore corporeo.
Ne consegue che, svolgendo bene l’esercizio, il corpo si riscalda.
Sarà vero?
Le tecniche immaginative e le tecniche di rilassamento funzionano, anche se richiedono disponibilità da parte di chi comincia a conoscerle. Può capitare che i primi tentativi non diano i risultati desiderati e lo scoraggiamento porti a desistere. È bene concedersi il tempo di imparare, allenarsi e rendere più agevole l’esecuzione degli esercizi!
Vetri appannati

Quando imparai l’esercizio del Calore del Training Autogeno, mi trovavo in una piccola stanza fredda, in inverno, a Milano. Eravamo un gruppo di circa 15 persone e tutti iniziammo ad eseguire l’esercizio seguendo le indicazioni della docente.

Ebbene, al termine dell’esercizio, mentre tutti provavamo una certa curiosità nel constatare di avere le mani calde, la docente attirò la nostra attenzione sui vetri delle finestre: i vetri erano appannati! Molto appannati! Sebbene ci trovassimo in quella stanza da ore e vi ci fossimo trovati in altre occasioni, attraverso quello specifico esercizio, si era prodotto calore in maniera rapida e la stanza si era riscaldata al punto da creare condensa sui vetri!

Calore e conforto

calore

Un’equipe dell’Università di Toronto, nel 2008, fece alcune ricerche per valutare cosa significhi il ‘calore’ per l’essere umano. Le ricerche riportano che l’essere umano associa, ad esempio, il freddo alla solitudine e al rifiuto, il calore all’accoglienza, all’accettazione da parte degli altri e al conforto.

Pare che, i partecipanti ad uno di questi studi, ricercassero bibite e cibi caldi subito dopo aver esperito esclusione e rifiuto, come a cercare conforto e recuperare sensazioni positive. I ricercatori ipotizzarono che il cervello elabori la sensazione di calore e le connesse sensazioni positive, senza distinguere se la fonte di calore sia una tazza di tè caldo, una minestra o il contatto umano.

Scaldati con gli esercizi “giusti”!

L’esercizio del Calore del Training Autogeno può esserti utile per scaldare il corpo quando fa freddo: in particolare, se hai mani e piedi freddi, puoi aumentare la temperatura di queste parti del corpo, ottenendo sollievo dal gelo.

Lo stesso esercizio può aiutarti a percepire conforto in situazioni di difficoltà e solitudine.

Oltre il Training Autogeno

the-next-step

Da quando Schultz, l’ideatore del Training Autogeno, ha pubblicato i suo libro, sono passati più di 80 anni. Al suo lavoro, si sono aggiunte le osservazioni e gli esperimenti di molti altri studiosi che si occupano di tecniche di rilassamento e di tecniche immaginative.

Integrando le diverse conoscenze e personalizzando gli esercizi sulla richiesta del singolo e sulle sue esperienze di vita, è possibile costruire esercizi ad hoc efficaci e mirati.

Puoi trovarne alcuni nell’ebook Kairòs oppure puoi contattarmi all’indirizzo fontanella.francesca@gmail.com per cominciare a costruire gli esercizi utili per te.

Dott.ssa Francesca Fontanellafreddo

Riferimenti bibliografici essenziali

Zhong, C.B. et al. (2008). Cold and lonely. Does Social Exclusion Literally Feel Cold? Psychological Science, 19/9, 838-42.

Emozioni: roba antica o 3.0?

evoluzione

Il cervello elabora la risposta emotiva in due modi: uno rapido, uno più lento.

Quello rapido è quello automatico ed è mediato da zone del cervello arcaiche, ossia che appartengono anche ad altri animali e si sono sviluppate durante l’evoluzione molto prima che l’essere umano fosse un essere umano. Rientrano in queste zone, ad esempio amigdala, ippocampo ed ipotalamo (il sistema limbico).

Il modo di elaborazione più lento, a dirla tutta, ha un po’ meno a che fare con le emozioni vere e proprie (immediate, arcaiche) perché coinvolge aree della corteccia cerebrale (la corteccia è la struttura più evoluta del cervello). Questa modalità serve a modulare la prima risposta, rapida ma non accurata e a produrre comportamenti adeguati allo stimolo. Trovate qui un esempio classico e, a mio avviso, molto chiaro.

L’emozione coinvolge il corpo…ve l’ho già detto?

noia

Sì, lo so, ve lo ho già scritto tante volte! È che ci tengo passi questo messaggio! 😉

Le emozioni che provate attivano il vostro corpo e lo sollecitano. Se sollecitato a lungo e frequentemente, l’organismo consuma molte energie e il rischio è che vada in ‘esaurimento’, ossia sviluppi distress – lo stress cattivo –.

Ecco la ragione della mia insistenza: fare attenzione alle reazioni fisiche può essere un barometro, una misura, della vostra condizione emotiva e, in definitiva, del vostro benessere psicofisico.

Non ci credete? Guardate quà!

attivazione-fisiologica_emozioni

Da diverso tempo è rintracciabile online questa immagine che fa fede ad uno studio condotto in Finlandia dallo psicologo Lauri Nummenmaa della Aalto University (pubblicato dalla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences).

I partecipanti sono stati esposti a stimoli come espressioni facciali, storie, spezzoni di film e, in seguito, è stato chiesto loro di colorare su sagome corporee le regioni del corpo che sentivano più attivate o meno attivate durante l’esposizione.

L’immagine evidenzia le aree del corpo attive e coinvolte quando si provano alcune emozioni. I colori caldi indicano le aree fisiche che si percepiscono come ‘attive’, mentre i colori freddi indicano quelle percepite come ‘disattive’.

Ottimo feedback!

feedback-1825515_960_720

Al di là dell’accuratezza di queste registrazioni (ad esempio, la misura strumentale dell’afflusso sanguigno in persone che provano paura mostra uno spostamento del sangue verso gli arti inferiori per facilitare la fuga, aspetto che, in questa immagine, non è rilevato), possiamo coglierne alcuni aspetti e messaggi generali.

Ad esempio, osservate la somiglianza tra ansia e paura: le persone registrano più o meno similmente l’attivazione correlata all’ansia e quella correlata alla paura.

Osservate la differenza tra tristezza e depressione: la prima offre la percezione di disattivazione degli arti e attivazione del petto e del volto; la seconda registra la sola disattivazione degli arti.

Il confronto tra tristezza e gioia è significativo: la gioia è percepita come un’attivazione globale dell’organismo, in contrasto con la tristezza in cui prevale la disattivazione.

Strumenti di sopravvivenza

cropped-sprout-1147803_960_7202.jpg

Le emozioni primarie sono biologicamente primitive e si  sono evolute in modo da consentire alle specie di sopravvivere (Plutchik, 1980).

Le emozioni primarie -gioia, paura, tristezza, rabbia, disgusto e sorpresa- sono strumenti di sopravvivenza: quando le provi, dai loro retta e non metterle da parte.

Ricorda che la prima risposta emotiva sarà rapida e poco accurata, pertanto automatica: potrebbe non essere del tutto adeguata al contesto.

Lascia il tempo alla corteccia di subentrare nel programma emotivo automatico e di dare una valutazione dell’utilità di quell’emozione in quella circostanza specifica.

Poi agisci o fermati, di conseguenza.evoluzione

Dott.ssa Francesca Fontanella

 

 

Una canzone… “d’Oro!”

mela-doro

Ogni anno, da tradizione, in questo mese va in onda Lo Zecchino d’Oro e bambini con senso del ritmo e dolci voci cantano i brani prodotti da autori eccellenti.

La musiche, vivaci o malinconiche, ninnananne o scatenate, sono accompagnate da testi che meritano di essere ascoltati.

I pipistrelli con il punto di vista strambo che invitano a cambiare punto di vista, il principe fannullone che ciondola qua e là e non vuole responsabilità, la ranocchia coraggiosa che parte all’avventura senza essersi preparata abbastanza…

Ascoltando brani più indietro nel tempo, ascoltiamo la storia di matite colorate che sono fatine pronte a colorare il tuo mondo, di una polenta per recuperare le tradizioni antiche e il piacere della compagnia delle persone care…

Tra queste canzoni, oggi vi propongo “Prendi un’emozione“di L.Saccol: ascoltiamola insieme per poi darle un’occhiata attraverso la psicologia e la Terapia Narrativa.

Attraverso le lenti della psicologia e della Terapia Narrativa

Passo 1: riconoscere che l’emozione si sente nel corpo.

Certe volte il viso cambia colore ed il cuore prende velocità,
Nella pancia c’è qualcosa di strano, non è fame, ma chissà che sarà.

Le emozioni hanno manifestazioni a livello fisico: alterazioni fisiologiche (battito cardiaco, pressione sanguigna, ritmo respiratorio, sudorazione, bocca secca…) e qualche volta possono dare origine a somatizzazioni (colon irritabile, cefalea, disturbi dermatologici, dolori muscolari e articolari…).

Può essere utile impararea a riconoscere e distinguere le proprie emozioni attraverso le loro manifestazioni corporee. Le tecniche di rilassamento e di focalizzazione hanno la funzione di avvicinarci alla risposta corporea che accompagna le emozioni e ad aiutarci a gestirla nel suo picco e nei suoi strascichi.

Passo 2: riconoscere che  l’emozione non sei tu e tu non sei l’emozione

Prendi un’emozione, chiamala per nome, trova il suo colore e che suono fa.

Questo processo, in Terapia Narrativa, si chiama ‘esternalizzazione‘. Esso consiste nel dare una aspetto e un’identità concrete all’emozione considerandole qualcosa di distinto da se stessi. L’esternalizzazione serve a ricordare alla persona di avere un’identità a se stante, non dipendente dall’emozione: l’emozione è solo uno degli eventi che le stanno capitando e può scegliere se e come utilizzarla per vivere meglio.

Passo 2: accogliere l’emozione

Prendila per mano, seguila pian piano, senti come nasce, guarda dove va. Prendi un’emozione e non mandarla via.

Una delle più frequenti difficoltà nella gestione delle emozioni è determinata dall’abitudine a sedare, scacciare, mettere da parte ciò che si sta provando. Apparentemente utile, questa abitudine ha una serie di effetti collaterali: ad esempio può comprimere l’emozione – con il rischio che si manifesti in seguito di intensità maggiore -; può convincerci che non siamo autorizzati a provare certe emozioni; può produrre somatizzazioni, stanchezza, spreco di energie; può lentamente annullare la capacità di sentire le emozioni.

Passo 3: condividi le esperienze emotive e raccontane la storia

Puoi spiegarla a chi non la sa e tutta la tua vita vedrai un’emozione sarà.

Alcune emozioni sono considerate tabù. Possiamo, ad esempio, aver incontrato già nell’infanzia suggerimenti del tipo: “Non ti arrabiare!”, “Non prendertela!”, “Non serve essere tristi per queste cose!”, “Non mostrarti troppo compiaciuto!”…

Tutti questi non mostrare le emozioni possono creare alcuni fraintendimenti:

  • Convinzione che le emozioni siano una cosa del tutto intima e che non vadano condivise. Tuttavia, le emozioni sono uno strumento sociale importante: le relazioni, ad esempio, ne sono intrise.
  • Convinzione di essere gli unici a provare alcuni tipi di emozione, con conseguente ulteriore riserbo rispetto a ciò che si prova e, talora, senso di inadeguatezza. Tuttavia, le emozioni sono un patrimonio biologico comune a tutti gli esseri umani e la differenza tra una persona e l’altra risiede nell’intensità emotiva e nel modo di manifestare l’emozione -dipendenti, anche, da fenomeni culturali-
  • Convinzione che sarebbe bello se alcune emozioni non ci fossero. Tuttavia, sarebbe un bel guaio! Proprio in virtù del loro retaggio biologico, esse hanno sempre un ruolo e un significato (se ti interessa saperne di più, puoi leggere i 5 articoli L’ABC delle Emozioni. Qui il primo della serie.).
Come puoi iniziare a conoscere le emozioni che provi
orientarsi
  1. Per prima cosa, la prossima volta che provi un’emozione, dalle un nome! Se riesci a identificare il nome di un’emozione, tanto meglio; se, invece, ti viene un nome di fantasia – che so, Buio profondo, Fifa blu, Elettricità… – va bene lo stesso.
  2. In secondo luogo, chiediti cosa vorrebbe tu facessi, cosa ti sta comunicando: accogli il messaggio e concedi all’emozione di esistere.
  3. In terzo luogo, parlane e racconta di questa emozione a chi ti è caro oppure scrivine o rappresentala con un disegno o una canzone: condividila e falle onore!

 

Per conoscere meglio il tuo mondo emotivo, hai tante possibilità: io te ne offro una! Dai mela-doroun’occhiata alla sezione Pacchetti del menù, curiosa nella sezione Curiosità e, se ti va contattami all’indirizzo fontanella.francesca@gmail.com.

Dott.ssa Francesca Fontanella

 

Pronti, attenti, stop!

run-pixabay. wokandapix

Vi è mai capitato di osservare un insetto che resta immobile a terra e sembra morto, fino a quando, tutto ad un tratto, si allontana velocemente?

Il fenomeno ha a che vedere con la sopravvivenza: se un animale è morto e non se ne conosce la causa, gli altri animali preferiranno non mangiarlo per il rischio di malattie e si allontaneranno, lasciandolo libero di fuggire.

Di fatto, fingendosi morto, l’animale può salvarsi la vita. Il fenomeno è detto freezing, congelamento, ed ha a che fare, principalmente, con la paura. La paura è un’emozione molto funzionale perché informa della possibile presenza di un pericolo e sollecita  l’organismo ad allontanarsi dalla fonte di pericolo e/o difendersi.

Anche l’uomo può reagire con il congelamento
albero-ghiacciato

Di fronte ad uno stimolo che suscita paura e, talora, anche di fronte a eventi che provocano sgomento, sconcerto, incredulità, l’essere umano può bloccarsi – congelarsi – e non riuscire a reagire. Si allerta, pronti, attenti e poi… stop!

Se ciò accade, mentre la persona si trova nel ‘congelamento’ non compie alcuna azione, non ipotizza soluzioni, non chiede aiuto.

L’organismo è biologicamente predisposto a modificare questo comportamento di blocco che si evolve, ad esempio, in fuga, attacco, resa, nella ripresa delle proprie attività, nella ricerca attiva di souzioni, nella richiesta di sostegno e conforto da parte degli altri…

Lepre o Tartaruga? È un processo veloce o lento?

lepre-tartaruga

Il processo che trasforma il blocco in qualcos’altro può essere molto rapido (dell’ordine di qualche millesimo di secondo) laddove prevale un comportamento automatico, guidato da meccanismi biologici di adattamento all’ambiente. Altre volte, il processo è lento e guidato dal pensiero che, in certi casi, può addirittura rallentarlo.

Sebbene si possa ipotizzare in via teorica che, prima o poi, il blocco si sblocca, potrebbe non essere molto utile restare in attesa, congelati, senza sapere quando arriverà lo sblocco.

Lo sblocco si può facilitare, ecco la buona notizia!

smiley-1691280__180

Numerose sono le tecniche che aiutano a identificare il blocco, a coglierne il senso e a trasformarlo in azione. Tra quelle che conosco c’è un elemento in comune che consiste, più o meno, nel cominciare ponendosi questa domanda:

Il blocco, da cosa vuole proteggermi?

Se stai vivendo un momento di blocco, parti da questa domanda e lascia arrivare la risposta o le risposte. Appuntale, rileggile, scegli quelle che senti più ‘giuste’. A quel punto hai già un bel pezzo di soluzione in mano.

Se ti fa piacere, puoi condividere le tue riflessioni nei commenti qui sotto oppure scrivendomi all’indirizzo fontanella.francesca@gmail.com

Dott.ssa Francesca Fontanellarun-pixabay. wokandapix

 

BodyFeedback: le emozioni nel corpo

girl-1733349_960_720

Dall’espressione del volto e dai  movimenti è possibile capire in che condizione psichica si trova una persona?

Si tratta di una domanda importante perché, se si sceglie di rispondervi ‘Sì’senza considerare il contesto, si rischia di generalizzare, di appoggiarsi a presunte regole oggettive e di azzardare interpretazioni dei vissuti altrui.

Se si scegliesse di rispondere ‘No’, d’altro canto, non si terrebbe in considerazione l’ampia rassegna scentifica che descrive il ruolo che assumono la postura e le espressioni facciali – ad esempio – nella gestione delle emozioni. In un paio di articoli di qualche mese fa, ho descritto un esperimento sulla posizione delle labbra e sulla postura.

Sì, anche se dipende

Durante la Seconda Guerra Mondiale, secondo l’ideologia nazista della razza era possibile dedurre la personalità altrui osservandone la postura. La supposizione di poter cogliere l’essenza altrui leggendo il linguaggio del corpo, quindi, merita una certa cautela!

L’ambiente di appartenenza, la cultura di riferimento, le esperienze personali sono fattori importanti per chi si occupa di linguaggio del corpo.

Il primo a pensarci fu Darwin

Avete letto bene: Darwin, Charles Darwin, quello della Teoria dell’Evoluzione.

In una sua opera, si occupò dell’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali chiedendosi se le espressioni facciali corrispodenti alle emozioni fossero innate o derivassero dall’apprendimento.Darwin propose che la mimica del volto non soltanto esprimesse, ma anche influenzasse le emozioni.

Persino la simulazione di un’emozione tende a suscitarla davvero nella nostra mente. Darwin

La conferma dalla scienza e le applicazioni nel mondo del teatro e del cinema

Come descritto dall’esperimento che riporto in questo articolo , la scienza ha confermato l’influenza delle espressioni facciali nel manifestarsi delle emozioni.

Quando si attivano certi muscoli del volto, si provocano delle modifiche analoghe nel sistema nervoso e si suscita l’emozione corrispondente. Ekman

Il teatro e il cinema, invece, la applicano.Gli attori, utilizzano le espressioni facciali e la postura come strumento per evocare le emozioni per inerpretare la loro parte.

Fa’ il gesto e l’emozione viene dopo! Stanislavskij

L’importanza dell’espressione facciale: emozioni e botulino

Wollmer e colleghi hanno iniettato del botulino nella fronte dei loro pazienti, all’altezza della ‘ruga della collera’, il solco – o i solchi – che si creano se corrugate la fronte.

Questi pazienti, dopo l’iniezione, non potevano più corrugare la fronte e, pertanto, non avevano più lo sguardo corrucciato. Metà di loro ne trasse un beneficio a livello emotivo, provando meno tristezza e meno collera, ma…

effetto collaterale! I pazienti dei due medici, parvero aver perduto la loro competenza a comprendere le emozioni e i sentimenti altrui!

Se imito la tua espressione facciale, ti capisco di più

Makak_neonatal_imitation.png

Evolution of Neonatal Imitation. Gross L, PLoS Biology Vol. 4/9/2006, e311 doi:10.1371/journal.pbio.0040311

Le emozioni degli altri sono condivisibili anche grazie ad un processo di mimica che porta l’essere umano a emulare, spesso inconsapevolmente, l’espressione facciale degli interlocutori. Questo meccanismo consente di condividere emozioni e sentimenti e di provare empatia, aspetti importanti per un ‘animale sociale’.

Usare il corpo per stare bene

Con questo articolo, la nostra attenzione va al ruolo del corpo per il proprio benessere personale: sorridiamo abbastanza? Camminiamo con la schiena diritta? Quale espressione del volto è più frequente? Quale postura o movimento? I movimenti sono veloci o lenti? Quali fanno stare meglio?

Il BodyFeedback invita a esplorarsi e a scoprire quali movimenti vi possano aiutare a vivere meglio e a superare le difficoltà quotidiane.

Per saperne di più?

Scrivimi, senza impegno! fontanella.francesca@gmail.com

Dott.ssa Francesca Fontanellagirl-1733349_960_720

Riferimenti bibliografici essenziali

Darwin, C. (1872). The Expression of Emotion in Man and Animals.

Ekman, P. (1992). An Argument for Basic Emotions. Cognition and Emotion, 6/3,4, 169-200.

Wollmer M. et al. (2012). Facing Depression with Botulinum Toxin: A Randomzed Controlled Trial. Journal of Psychiatric Research, 46/5, 574-81.

 

 

Vivere in armonia con il tuo ritmo emotivo

ritmo_core

Non leggere subito l’articolo, aspetta. Come ti senti ora? Proprio ora? Se potessi dedicarti una canzone, quale canzone ti dedicheresti?

Pensaci su un poco. Qualche volta la canzone ci mette un po’ ad arrivare. Io scelgo Alice di Francesco De Gregori (https://www.youtube.com/watch?v=6WdopDCbr3Q).

icona-playNon leggere subito l’articolo. Se puoi, fai suonare la tua canzone al cellulare, al pc, con il lettore mp3 o lo stereo oppure cantala tu…

Cosa ti ha fatto scegliere questa canzone? La musica? Le parole? La voce di chi canta?

Probabilmente stai cominciando a notare che la canzone è proprio adatta al momento che stai vivendo, che ‘hai scelto bene’.

Forse la canzone che hai scelto è allegra, forse ha un ritmo veloce oppure lento, è malinconica, rock, pop, lirica…potrebbe anche essere una traccia solo musicale.

Quale emozione ti suscita? Che messaggio ti sembra comunicare?

Non serve che ci pensi! Ascoltala, per ora; e ‘sentila’, con il corpo intero.

Hai appena svolto un esercizio di SongTherapy.

Come puoi usare questo esercizio?

La musica e le canzoni sanno condensare i momenti nella loro essenza. La canzone ‘giusta’ è quella che, in quel momento, va a ritmo con le tue emozioni e ne fa da colonna sonora.

Puoi usare lo stesso esercizio anche per questioni di vita che stanno occupando il tuo tempo e il tuo spazio in queste giornate o mesi.

Quale canzone useresti per rappresentare il tuo problema? Qual è quella ‘giusta’? Che va a ritmo con quello che provi e pensi? Quella che ne fa da colonna sonora?

Concediti di vivere il problema sotto questa nuova forma: lascia che descriva la tristezza che provi anche tu, la rabbia, la delusione, la confusione, il senso di colpa, l’indecisione che provi tu; lasciala parlare del problema.

La Canzone Alleata

Fai di questa canzone un’alleata per riflettere sul problema, onorarlo e concedergli l’attenzione che merita. Non di più, non di meno. Il tempo di una canzone. Puoi ascoltarla una, due, dieci volte, fino a che ti va e ti sembra importante che ti accompagni all’esplorazione del problema.

È possibile che, dopo qualche tempo, ti venga in mente un’altra canzone. Le tue emozioni potrebbero aver preso un nuovo ritmo, il problema essere cambiato – anche solo di poco – in una direzione o in un’altra e il nuovo brano andrà in questa direzione. Ossia, a ritmo con le tue emozioni.

Vuoi sapere quale canzone ha sostituito Alice di De Gregori in questa mia esplorazione? Supreme di Robbie Williams (https://www.youtube.com/watch?v=ULTtWUZhD9c).

Dott.ssa Francesca Fontanellaritmo_core

L’ansia ha lo sguardo rapido: facci caso…

eyes-149670_960_720
Immagine pixabay.com/OpenClipart-Vectors

Il rientro dalle vacanze ha portato richieste di consulenza per questioni di ansia. Che abbiate già letto qualche articolo di questo blog o no, immagino abbiate avuto esperienza del fatto che “le ansie non sono tutte uguali“.

Esse variano per intensità e frequenza, per gli ambienti in cui si verificano e per tutta una serie di fattori variabili legati al contesto e alla fase di vita. Ne consegue che non esiste una regola, uno strumento, una pillola che va bene per tutti. Ogni storia porta con sé  caratteristiche uniche  di quel tipo d’ansia e, di seguito, soluzioni e strategie uniche per quel tipo d’ansia.

Qualche elemento in comune c’è!smiley-163510_960_720

Per regolare l’ansia (non va eliminata!), qualche trucchetto inziale, valido per molti, esiste. Ad esempio, uno strumento utile è la respirazione consapevole.

In questo articolo, di poche righe, vorrei portare la vostra attenzione su un altro comportamento corporeo spesso associato all’ansia: il movimento rapido degli occhi.

Fateci caso: quando provate ansia o qualcuno che conoscete la prova, gli occhi scansionano l’ambiente più rapidamente (spesso senza attenzione consapevole), muovendosi da un lato all’altro, dall’alto in basso e, qualche volta, costringendo a muovere la testa in modo parimenti rapido.

Questi movimenti rapidi, probabilmente evolutisi come strumento per vagliare l’ambiente e valutare i possibili pericoli, nella quotidianità hanno l’effetto, ahimè, di aumentare l’ansia!

Provate!

Attenzione! Svolgere l’esercizio da seduti!attention-1294600_960_720

NON svolgere la Versione Strong dell’esercizio in caso di pressione molto bassa, dolori cervicali, vertigini, gravidanza, alterazioni dello stato di salute.

Versione Light: Svolgete l’esercizio in posizione seduta. Muovete gli occhi rapidamente da un lato all’altro della stanza in cui vi trovate e dall’alto in basso. Fatelo il più rapidamente possibile, per 10-15 secondi.

Versione Strong: Svolgete l’esercizio in posizione seduta. Con gli occhi aperti, scuotete la testa rapidamente da un lato all’altro (come se diceste no). Fatelo per 10-15 secondi.

Dopo aver provato, potreste provare una sensazione sgradevole, di nausea, di stordimento; potrebbe girare la testa o essersi presentata una sensazione spiacevole al petto.

Per far rientrare questa sensazione potete chiudere gli occhi, abbassare il capo e respirare lentamente per qualche secondo.

La sensazione provata dopo i movimenti oculari e/o lo scuotimento del capo ha attivato il sistema vestibolare – che presiede l’equilibrio – e indotto l’organismo ad attivarsi per prevedere le conseguenze del cambiamento percettivo. Questa attivazione è una forma d’ansia, adattiva e utile per invitare l’organismo a riportarsi allo stato di equilibrio.

Tuttavia, cosa accade se il movimento rapido dello sguardo

si verifica per ore e, magari, giorni?

Può accadere che la persona si percepisca, costantemente, in ansia. L’ansia potrebbe indurre a ulteriori movimenti rapidi, acutizzando gli effetti d’ansia e creando un circolo vizioso.

Avete già intuito dove sta una soluzione?

Potreste provare a fare attenzione alla velocità dei vostri movimenti oculari e allenarvi a rallentarli. Svolgete questo esercizio ogni giorno, per una settimana; osservate se notate dei benefici, a livello fisico, nei momenti in cui muovete lo sguardo lentamente.

Ricordate: l’ansia ha lo sguardo rapido; voi, anche no! 🙂

 

Dott.ssa Francesca Fontanellaeyes-149670_960_720

Se vi fa piacere, potete condividere con me le vostre considerazioni rispetto a questo esercizio contattandomi all’indirizzo e-mail fontanella.francesca@gmail.com

Questo esercizio sarà descritto nell’E-book in uscita a fine autunno.

L’ABC delle Emozioni (Terza Puntata)

abc_cartoon

Negli articoli precedenti ci siamo occupati di durata delle emozioni e derivazione biologica delle emozioni, di messaggi emotivi e importanza del loro ascolto.

Oggi, come anticipato, diamo un’occhiata ad uno strumento utile per riconoscere il messaggio emotivo.

Partiamo da un’informazione che già conoscete, ossia il fatto che l’emozione produce una risposta fisiologica. Una risposta fisiologica ‘standard‘ può manifestarsi con l’alterazione del ritmo respiratorio e del battito cardiaco, sudorazione, rilascio di ormoni (tra cui il cortisolo: ricordiamolo, perché è detto anche ormone dello stress e ne parleremo in un altro articolo), cambiamenti nella pressione sanguigna, contrazione alterata dei muscoli viscerali…

In linea generale, non vi è una differenza rilevante tra l’attivazione prodotta da un’emozione e l’attivazione prodotta da un’altra. Per lo meno, l’essere umano potrebbe faticare a distinguere, in se stesso, un’attivazione fisiologica generata dalla Rabbia e una generata dalla Paura.

Alcune differenze sono percepibili osservando gli altri. Le espressioni facciali di Rabbia e Paura si possono distinguere, ad esempio per questi segnali:

facs-esx
Espressioni facciali delle emozioni primarie (P.Ekman)
  • Paura: sopracciglia a onda, occhi maggiormente aperti del naturale, labbra serrate e estremità della bocca tese verso i lati, a formare una linea, oppure bocca aperta.
  • Rabbia: sopracciglia che si avvicinano al centro, occhi aperti, palpebra inferiore sollevata, narici dilatate, estremità delle labbra rivolte verso il basso (oppure labbra semi- aperte) e denti serrati.

Anche questa distinzione è approssimativa e alcune componenti si possono manifestare nell’una e nell’altra, sulla base di differenze individuali e di contesto.

Si consideri, anche, che le emozioni possono durare persino solo pochi millesimi di secondo, per poi trasformarsi in un’altra emozione. Pertanto, un’espressione facciale può contenere anche componenti miste, dovute al rapido passaggio da un’emozione all’altra.

Alcuni tipi di dispositivo hanno misurato la temperatura corporea durante le emozioni di Paura e Rabbia, rilevando che la temperatura corporea associata alla Paura è inferiore rispetto alla temperatura di base, mentre la temperatura associata ala Rabbia è superiore. La Paura è fredda e la Rabbia è calda, insomma!

Nel linguaggio comune, in effetti, quando una persona manifesta Rabbia si è soliti pensare che si stia ‘scaldando‘, mentre è nota l’espressione ‘raggelare dalla paura‘.

Per tornare a noi…

Se non vi è una differenza sostanziale nella reazione fisiologica delle varie emozioni, come fare a riconoscere il messaggio che l’emozione sta comunicando?freccia

Ecco un esercizio per inizare ad imparare ad ascoltare i vostri personali e unici messaggi emotivi.

Prima di cominciare, assicuratevi di avere qualche minuto libero, silenziate il telefono e cercate uno spazio in cui non essere disturbati.

Una volta che sarete allenati, sarà possibile fare lo stesso esercizio anche in contesti meno favorevoli, ma, per, iniziare concedetevi uno spazio tranquillo.

Pronti?

  • Mettetevi comodi e fate due respiri profondi
  • Poi iniziate a respirare con ritmo lento, lasciando scendere l’aria che inspirate nella pancia.
  • Quando la pancia  è piena, lasciate che il respiro continui a risalire fino al petto. Durante l’espirazione, invertite il processo.
  • Mentre respirate osservate se il vostro corpo è comodo, se presenta contratture, pruriti…potete spostarvi leggermente fino a sentirvi comodi e rilassati.
  • A questo punto, notate se vi sia una sensazione fisica che persiste e restate con lei: osservatela, descrivetela, immaginatela, datele una voce…

Il messaggio è lì.

Concentratevi su quella parte del vostro corpo e immaginate cosa potrebbe dirvi se potesse parlare, oppure cercate una parola che vi sembra ben corrispondere a quella sensazione.

Non è detto che vi riesca subito e, forse, non è detto che vi riesca la prima volta che provate questo esercizio. Nulla di male se il messaggio non arriva. Nel caso non arrivasse, riportate l’attenzione al respiro e contate 5 respiri per poi tornare alle vostre attività e riprovare in un altro momento.

Se la parola o il messaggio, invece, arrivano…Bravi! Avete identificato il messaggio emotivo!

In questo articolo abbiamo:

  • Osservato che l’attivazione fisiologica delle diverse emozioni è molto simile
  • Conosciuto la possibilità di usare le espressioni facciali come strumento per identificare un’emozione
  • Imparato un esercizio da utilizzare per riconoscere il messaggio emotivo.
  • Dedicato un pò di spazio al rilassamento

Ve le ricordate le domande della Prima Puntata? clipboard-23638_960_720

Ebbene, cosa ne dite di provare, la prossima volta che sentirete un’emozione, a fermarvi e a cercare nel corpo il suo messaggio? Potrebbe esservi utile?

Come potreste adattare questo esercizio alla vostra vita ed esperienza personale?abc_cartoon

 

Per chiarimenti e perplessità e per condividere le vostre riflessioni, potete contattarmi al numero 345 3741840 oppure tramite e-mail all’indirizzo fontanella.francesca@gmail.com

Oppure tramite il form sottostante…

Dott.ssa Francesca Fontanella

Riferimenti Bibliografici

Ekman P. , Friesen W. (2007) Giù la maschera. Come riconoscere le emozioni dall’espressione del viso. Giunti.

Gendlin F., Ranieri K. (2001). Focusing. Interrogare il corpo per cambiare la psiche. Astrolabio.