Le colonne sonore della Cura di sé:12 (+ 1) Canzoni scelte insieme

Il tuo modo di prenderti cura di te, a quale canzone somiglia? Scopri come prenderti cura di te insieme a 12 (+1) canzoni.

Arrivano, a volte, momenti in cui prendersi Cura di sé. Abbiamo scelto insieme 12 (+1) canzoni che rappresentano forme diverse di Cura di sé e Amore per se stessi.

Come prendersi cura di sé

Il modo giusto per prendersi cura di se stessi esiste ed è il proprio.

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I modi giusti per prendersi cura di se stessi esistono e sono i propri.

In qualsiasi momento della tua vita ti trovi, i modi per prenderti cura di te possono essere uno o più di uno e meritano di essere declinati in maniera personale.

Fai una prova

fai una prova

Pensa a qualcosa che ritieni possa significare cura e amore verso se stessi…

Fatto? A cosa hai pensato?

Molte persone rispondono: mangiare bene, sport, parrucchiere, cosmesi, visite mediche, massaggi… qualcuno – raffinato 😉 – cita lo psicologo e la psicologia.

Tutte queste risposte sono possibili modi in cui prendersi cura di sé: ve ne possono essere altri. Hobbies – risponde qualcuno – , una tisana – aggiunge qualcun altro -, guardare film e ascoltare musica… a te viene in mente qualcos’altro?

Ipotizziamo che tu abbia pensato he potresti mangiare bene: cosa intendi per mangiare bene? Cosa vorresti cambiasse nella tua alimentazione attuale?

Cerca di dettagliare il più possibile l’azione o le azioni che descrivono ciò che intendi per mangiare bene. Solo in questo modo sarà possibile, già oggi, cominciare. In caso contrario è più facile cadere nella procrastinazione.

Qualsiasi cosa tu abbia pensato, falla!

Per iniziare a prendersi cura di se stessi, da qualcosa bisogna pur cominciare! Ebbene, perché non cominciare dall’azione a cui hai appena pensato?

Il punto è che per cominciare a prendersi cura di se stessi, è bene fare come se si stesse già prendendosi cura di sé. Facendo, si attiva un meccanismo comportamentale che aiuta a mantenere attivi il proposito, la motivazione e l’azione.

Per restare nell’esempio, prendi l’azione che hai appena indicato per descrivere il mangiare bene e… falla!

A piccole dosi, per iniziare!

Mi permetto un doppio suggerimento rispetto alle dosi.

  1. Sai cosa vorresti fare per penderti cura di te, ma … non ne hai voglia o ti sembra di non trovare il tempo! Ebbene, scegli una versione leggera del tuo proposito. Nel nostro esempio… Mettiamo tu abbia pensato di mangiare più verdura e che non ti piaccia affatto. Potresti aggiungerla a un solo pasto, per ora, iniziando dalla verdura che ti convince di più o preparata in un modo che ti incuriosisce o, ancora, potresti mangiarne poca.
  2. Per iniziare, è bene tu scelga di svolgere la tua azione per la cura di sè senza eccedere: che il troppo stroppia lo sai già e se assumi una dose massiccia di cura di te oggi… domani potresti non averne voglia. Per creare un’abitudine, è utile la costanza.

Creare un abitudine

Le abitudini si possono creare associando la nuova azione a azioni che durante la giornata si è già soliti fare. Resto nell’esempio… Hai scelto di mangiare bene aggiungendo una verdura a un pasto. Tutti i giorni, di solito, a pranzo ti rechi al bar vicino al lavoro e prendi un toast: ebbene, da oggi, puoi aggiungere una centrifuga di carota e sedano. Il toast è già un’abitudine ed è più semplice aggiungere una nuova abitudine  – la centrifuga di verdure – collegandola a una esistente.

Per creare l’abitudine, c’è chi si trova bene anche con post-it appesi in casa e in luoghi strategici, appunti in agenda, “nodi al fazzoletto” personalizzati – un oggetto che si indossa, un appunto sul braccio, una canzone promemoria…

Una canzone, appunto!

12 (+1) canzoni per la Cura di sé

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Ecco le 12 canzoni che abbiamo scelto e che ricordano a chi le ha indicate la cura e l’amore verso se stessi. I link alle canzoni sono accompagnati dalle parole di chi ha scelto il pezzo oppure da frasi del testo.

Fix You – Coldplay

When you try your best but you don’t succeed
When you get what you want but not what you need
When you feel so tired but you can’t sleep

Quando fai del tuo meglio, ma il risultato non arriva

Quando ottieni ciò che vuoi, ma non ciò che desideri

Quando ti senti tanto stanco, ma non riesci a dormire

I will try to fix you

Proverò a rimetterti in sesto

 

Vuoto a perdere – Noemi

Qua praticamente c’è la crescita interiore, la maturità, il fregarsene del giudizio della gente. Guardarsi la cellulite e dirsi: “Va bene così, chissenefrega!”

 

No Hero – Elisa

‘Cause you can count on me
As long as I can breathe
You should know
I’ll carry out through the night
Through the storm

Perchè puoi contare su di me

Fino a quando avrò respiro

Dovresti saperlo

Lo farò nella notte

nella tempesta

 

Volo – Paola Turci

Questa canzone ha significato molto per me

Volo così perchè è così che devo vivere
Volo nel cuore di chi ha voglia di sbagliare
Volo nel sole perchè ho voglia di bruciare

 

Viva – Ligabue

Perché sei
viva viva cosi come sei
quanta vita hai contagiato
quanta vita brucerai che sei
viva viva per quella che sei
niente rate, niente sconti
solo viva come vuoi….

 

Abbi cura di te – Levante

C‘è il volersi bene anche rischiando, perché rischiare a volte è un po’ vivere.  Buttarsi nel vuoto e urlare a squarciagola, buttarsi nell’acqua del mare pur sapendo che è fredda.

 

Ovunque proteggi – Vinicio Capossela

Ma ancora proteggi la grazia del mio cuore

adesso e per quando tornerà nel tempo

il tempo per partire, il tempo di restare

il tempo di lasciare, il tempo di abbracciare

 

I Will Survive – Gloria Gaynor

Mi sembra esprima bene tutta la forza di chi, dopo essere stato tanto tempo sotto un macigno che lo schiacciava, riesce finalmente a toglierselo di dosso. Tutta la meravigliosa sensazione di essere vivo, giusto, intero, di avercela fatta alla faccia di tutto e di poter andare avanti con una energia positiva da investire finalmente in qualcosa di nuovo.

 

L’eccezione – Carmen Consoli

Qui c’è una sorta di rimprovero nel momento in cui si rinuncia alla propria unicità, per uniformarsi a tutti i costi. Ma in fondo, nell’omologazione generale, c’è sempre l’eccezione, la mosca bianca.

 

La Cura – Franco Battiato

Perché sei un essere speciale,
Ed io, avrò cura di te

 

Abbi cura di te – Psicantria

Abbi cura di te

E non è un fatto di pura igiene personale

Abbi cura di te

Di quello che ti piace fare

Dei tuoi occhi che ridono e piangono

 

Sally – Vasco Rossi

È quando ti accorgi che vai bene così, che riesci a prenderti davvero cura di te!

 

Greatest love of all – Whitney Houston

Chiudo questa lista, che potrebbe continuare a lungo, con una canzone che tiro fuori dal cappello tutte le volte che gli eventi di vita mi ricordano quanto è importante amarsi: nascite, morti, malattie, momenti di gioia e di dolore, emozioni e pensieri nel flusso di vita che corrono, scorrono e – qualche volta – rallentano. Sei nell’avventura della vita e quando le cose capitano, non resta che viverle.

The greatest love of all
Is easy to achieve
Learning to love yourself
It is the greatest love of all

L’amore più grande di tutti

è facile da raggiungere

Imparare ad amare se stessi

è l’amore più grande di tutti

Il  tuo modo di prenderti cura di te a quale canzone somiglia?

 

 

 

Vivere con il dolore cronico: 4 (+1) strategie

Una recentissima ricerca offre 4 (+1) strategie per ridurre il dolore cronico e i suoi effetti collaterali emotivi e relazionali.

Il dolore cronico è frequente: in Europa si stima l’incidenza del dolore cronico non oncologico al 22% della popolazione.

Cosa si intende per dolore cronico?

La IASP (International Association for the Study of Pain – 1986) definisce il dolore come “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno.

E’ un esperienza individuale e soggettiva, a cui convergono sensoriali, esperenziali e affettive.

Il dolore cronico è duraturo, spesso determinato dal persistere dello stimolo dannoso e/o da fenomeni di automantenimento, che mantengono la stimolazione nocicettiva anche quanto la causa iniziale si è limitata. Si accompagna ad una importante componente emozionale e psicorelazionale e limita la performance fisica e sociale del paziente. E’ rappresentato soprattutto dal dolore che accompagna malattie ad andamento cronico (reumatiche, ossee, oncologiche, metaboliche..). E’ un dolore difficile da curare: richiede un approccio globale e frequentemente interventi terapeutici multidisciplinari, gestiti con elevato livello di competenza e specializzazione.

http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?id=3769&area=curePalliativeTerapiaDolore&menu=terapia

Gli effetti psicologici del dolore cronico

Il dolore cronico può generare ansia, tristezza e depressione, diminuzione della fiducia in se stessi e calo dell’interesse nelle relazioni interpersonali.

Questo può avere ripercussioni in ambito familiare e lavorativo amplificando il disagio emotivo e, ahimè, anche il livello di dolore cronico!

Infatti, avendo il dolore una componente affettiva, una situazione di disagio emotivo può accentuare la percezione del dolore, aumentandone, di fatto, il livello.

Le strategie per vivere con il dolore cronico

Una recentissima ricerca – dettagli in bibliografia – di L. Phillips, ha esplorato le strategie di resistenza al dolore cronico, identificandone 4 tipi principali:

  1. Strategie di distrazione: svolgere attività di interesse che, distraendo, alleviano il dolore;
  2. Strategie di spostamento del focus: simili alle precedenti, con la differenza che la persona sposta volutamente l’attenzione su altro rispetto al dolore. Tra queste strategie potremmo annoverare la mindfulness e altre tecniche di rilassamento e immaginative;
  3. Strategie di indagine: esplorazioni delle cause del dolore e approfondimento delle soluzioni per ridurre il dolore;
  4. Ri-negoziazione relazionale: azioni volte a restituire equilibrio alle relazioni interpersonali, messe in discussione dal terzo incomodo del dolore cronico.

Ce n’è una quinta…

Phillips propone, anche, un’altra stategia. Ella ritiene utile porre, a chi soffre di dolore cronico e le chiede un aiuto terapeutico, la  questa domanda:

“Vuoi parlare del dolore o c’è qualcos’altro che ti preme di più?”

Phillips ha osservato che, quando le persone preferiscono parlare di altri temi (di altre difficoltà)  connessi e non al dolore cronico, si crea uno spazio terapeutico in cui sperimentano la possibilità di essere attive nella risoluzione delle difficoltà – con conseguente aumento dell’autostima positiva e del senso di autoefficacacia —

Inoltre, il tema di cui preme loro parlare, si rivela  premere – metaforicamente – anche sul dolore, accentuandolo. Talora, se ne rivela una delle cause. Parlare di altre questioni e difficoltà e trovare soluzioni, influenza positivamente anche la percezione del dolore, il cui livello diminuisce.

Cosa suggerisce questo studio?

Lo studio di Phillips offre due spunti di riflessione:

  1. L’importanza di trovare strategie personali in almeno una della categorie proposte;
  2. L’utilità di indirizzare le proprie energie a parlare di temi e questioni alternativi al dolore cronico.

Lo studio ci dice che, attraverso queste due modalità, è possibile ridurre il dolore, ridurne gli effetti collaterali psicologici e scoprirne cause inesplorate.

Soffri di dolore cronico e vuoi allenarti a ridurre il dolore?

Parliamone e cerchiamo le domande e le risposte più utili a te!

Fonti:

Phillips, L. (2017). A Narrative Therapy Approach to Dealing with Chronic Pain. The International Journal of Narrative Therapy and Community Work, 1, 21-30.

http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?id=3769&area=curePalliativeTerapiaDolore&menu=terapia

Cambiare un ricordo di una ventina di anni fa…

Un ricordo di vent’anni fa, per curiosare nella mia vita e tirarne fuori una sopresa.

Capita così, sono sul divano e sto cancellando con una gomma una scritta a matita sull’agenda. Lo faccio con cura, in una sola direzione, per non rischiare di strappare la pagina e arriva il ricordo, di una ventina di anni fa…

Quando arriva una richiesta che fa sentire speciali

Torniamo indietro di questa ventina d’anni, quindi. Mi vedo con i capelli un poco crespi, occhiali di metallo e un abbigliamento casual(e) – molto casual(e).

Al termine di un compito di latino, quando avevo finito e guardavo il vuoto aspettando esausta lo scadere del tempo, il professore richiamò la mia attenzione:

Franceschina [abitudine del professore chiamarci con i diminutivi, non prendetevela con me!], vieni un attimo da me per favore. Ho un compito da darti.

Certo, arrivo! [Mi dava un non so che di prestigioso questa richiesta inattesa e forte era la curiosità del compito che immaginavo parimenti prestigioso e nobilitante agli occhi degli altri]

Quando la richiesta suscita delusione

Avvicinatami alla cattedra, il professore estrasse dalla sua borsa un tomo spesso, ben rilegato. Lo aprì e mi mostrò la filigrana, i caratteri greci ben stampati, accarezzando le pagine. Non posso dirvi di aver apprezzato, ma posso dire che capivo che il professore apprezzava.

Ora ti mostro quale compito desidero tu svolga per me.

Sussurrò il professore.

Penso che questo sussurro abbia contribuito al fraintendimento e a farmi pensare vi fosse qualcosa di segreto e particolarmente esclusivo nel compito che stavo per affrontare.

Il professore prese una gomma nuova di zecca da un astuccio e mi disse:

Allora Franceschina… la gomma è perfettamente bianca, quindi dovrebbe facilitarti le cose. Purtroppo ho fatto delle sottolineature a matita in questo libro che non merita questo trattamento.

Ti chiedo questo: sfoglia le pagine, una a una con delicatezza – la vedi la filigrana! – e dove vi sono segni a matita cancellali.

Un’accortezza: quando cancelli, fai il movimento solo in una direzione altrimenti rischi di stropicciare o strappare la carta e… la vedi che filigrana è!

Tieni, prova!

Mi passò la gomma e io, diligentemente sebbene presa da una specie di imbarazzo, mostrai di saper cancellare muovendo il polso in una sola direzione.

Soddisfatto, il professore mi diede il suo tomone – immenso -, la gomma e io andai al mio posto.

Qualcuno rise, qualcuno simpatizzò con me per il compito “ingrato”.

Dal canto mio, ahimè, pensai di valere poco e di essere buona solo per cancellare qualche segno da un libro.

Vent’anni dopo…

Vent’anni dopo, mentre cancello, sulla mia agenda, una scritta in matita, ricordo l’episodio che, a dirla tutta, ora mi sembra raccontare una storia diversa.

  1. So cancellare senza rovinare una pagina
  2. Per farlo serve un certo livello di cura, pazienza
  3. Farlo su un tomo richiede ancora più pazienza
  4. Farlo su un tomo prezioso richiede ancora più cura
  5. Il professore si fidò di me

A guardare bene, il ricordo cambia!

E così, a distanza di vent’anni, riconosco nell’adolescente con gli occhiali di metallo e il look casual(e), alcune caratteristiche che mi accompagnano tutt’ora, anche nel mio lavoro: cura, pazienza, affidabilità.

Alla fine, quello, è un bel ricordo!

Hai un ricordo da raccontare?

Scrivilo qui sotto oppure puoi raccontarmene la storia per mail: fontanella.francesca@gmail.com

Piccolo Eserciziario di Felicità

4 esercizi per trovare la Felicità e viverla, a modo tuo.

Se hai cliccato questo link, ti interessa la Felicità. Meglio ancora, ti interessa conoscere esercizi da svolgere in autonomia per ottenere Felicità. Eccone alcuni, apparentemente distinti ma integrati.

#Esercizio 1: Com’è fatta la Felicità?

Come rappresenteresti la Felicità?

Somiglia a una canzone? Oppure a una fotografia? O a una parola, un colore? Forse somiglia a un odore o a un sapore?

Concediti di dare un’aspetto concreto alla Felicità.

Ora che conosci la tua rappresentazione di Felicità puoi:

  1. Portarla con te e incontrarla più spesso;
  2. Ricordare che la Felicità è altro da te, così come l’Infelicità. Puoi provare Felicità e essere in relazione con la Felicità, puoi collaborare con la Felicità, sfidarla, amarla, volerla vicina…

Questo esercizio ha come riferimento teorico il concetto di “Esternalizzazionne del problema” di Micahel White.

#Esercizio 2: Dove senti, nel corpo, la Felicità?

Se ascolti la canzone che rappresenta, per te, la Felicità oppure ne guardi la fotografia, ne ripeti a voce alta – o tra te e te – la parola associata, ne annusi l’odore o ne gusti il sapore…

Dove senti la Felicità? Forse al petto? Sulle braccia o sulle gambe? Sulle labbra?

Ora che sai dove sei solito sentire la Felicità puoi:

  1. Rievocare questa sensazione durante la giornata;
  2. Rievocare questa sensazione quando ti trovi in momenti difficili.

Questo esercizio ha come riferimento teorico scientifico il Focusing di Eugene Gendlin e le metafore terapeutiche di David Gordon.

#Esercizio 3: Quali comportamenti ti fa fare la Felicità?

Azioni: Quando provi Felicità che cosa fai? Leggi? Chiacchieri? Fai sport? Cucini?

Pensieri: Quali pensieri fai quando provi Felicità?

Ora che hai notato quali comportamenti ti fa fare la Felicità puoi:

  1. Ripeterli per vivere la Felicità;
  2. Condividerli.

#Esercizio 4: Che faccia ti fa fare la Felicità?

Che espressione assume il tuo volto quando provi Felicità? Puoi farmi una cortesia? Vai allo specchio e prova la tua “Espressione da Felicità”… un po’ di più… ancora un po’… non esagerare, ora! 😉

Ora che hai notato qual è la tua espressione di Felicità puoi:

  1. Rifarla allo specchio tutte le volte che vuoi:
  2. Mostrarla agli altri.

Questo esercizio ha come riferimento teorico scientifico gli studi di Paul Ekman sulle espressioni facciali riferite alle emozioni primarie.

Facendo questi 4 esercizi, hai inizato a entrare in contatto con la Felicità.

Puoi conoscere altri esercizi o approfondire questi…

Puoi vivere la Felicità con più frequenza,

Puoi assaporarla senza temerla e,

aspetto importante,

godere la Felicità senza scivolare nell’Euforia.

Ti propongo …

La soluzione che ho messo a punto per te: Esercizi di Felicità.

Comprende 3 incontri, alcuni esercizi da fare a casa, in autonomia – che puoi condividere con chi vuoi tu – e la copia cartacea di Kαιρός ( Kairós ).

Ti piace l’idea? Puoi chiedermi maggiori informazioni scrivendo a fontanella.francesca@gmail.com

Ricevere e Esprimere Apprezzamenti è terapeutico

Un atto è terapeutico nel momento in cui permette di raggiungere una situazione emotiva, cognitiva, fisica, migliore di quella attuale. In questo senso, ricevere e esprimere apprezzamenti è terapeutico per sé e per le proprie relazioni.

Ricevere un apprezzamento

Alcune persone (molte, nella mia esperienza!), quando ricevono complimenti, mostrano disagio. Appaiono come se provassero imbarazzo, come se non fossero d’accordo con il complimento, come se dubitassero della sua sincerità.

Vi è capitato di vivere questa esperienza?

Accettare di meritare un complimento può essere un indice di rispetto verso se stessi. Accogliere un complimento con gioia è assimilabile ad accogliere un dono con gioia.

[Per favorire relazioni positive, ti può interessare anche: Vuoi superare il 2,9:1? Il Valore che crea Valore]

Esprimere un apprezzamento

Qualche volta, sebbene si sia formulato un pensiero di apprezzamento, non lo si esprime a parole. Perché?

Alcuni ritengono che l’altro non ami ricevere apprezzamenti, altri riferiscono di non trovare le parole adatte, qualcun’altro non considera importante manifestare la sua opinione considerando l’ apprezzamento alla stregua di un giudizio, sebbene positivo.

L’apprezzamento è un giudizio (positivo)?

tribunale

Questa è una faccenda, che, secondo me, merita attenzione. Prendo in prestito le osservazioni di M.B.Rosenberg (quello del Linguaggio Giraffa).

Seguite il suo ragionamento – senza giudizio 😉 –  potrebbe rivelarsi interessante.

Rosenberg dice che l’apprezzamento è un’opinione. In quanto tale, chi lo formula, si pone nella posizione di giudice e trasmette all’altra persona il messaggio di aver valutato positivamente un suo comportamento.

Secondo Rosenberg, alcuni tipi di apprezzamento possono

alienare dalla vita.

Ossia, possono allontanare dal contatto con le esperienze di vita e rivelare poco di ciò che sta vivendo, pensando, provando la persona che li esprime.

Si possono fare complimenti e apprezzamenti, ad esempio, per manipolare, lusingare, sedurre. Questi apprezzamenti sono volti a ottenere qualcosa in cambio e non veicolano le esperienze percettive di chi li esprime.

L’apprezzamento che funziona è quello che si usa per festeggiare l’altro e per celebrare il modo in cui, ciò che ha detto o fatto, ha arricchito la propria vita.

Come esprimere un apprezzamento che funziona

Ancora seguendo Rosenberg, ecco come esprimere un apprezzamento che funziona: utile e chiaro per chi lo riceve.

  1. Contesto
  2. Emozioni e sensazioni
  3. Desideri soddisfatti

Esempi:

Quando ho letto il tuo ultimo messaggio, ho provato sollievo, speranza. Quelle parole mi hanno dato uno spunto per risolvere la situazione che sto vivendo.

Il lancio che hai fatto mi ha galvanizzata! Grande, avevo bisogno di vedere una bella azione!

Che cena squisita! Questo piatto, così saporito, mi fa sentire rilassata. Desideravo un momento di piacere, grazie!

Bravo! Il bel voto di oggi mi riempie di gioia! Volevo proprio festeggiare i tuoi sforzi!

Chi riceve questo tipo di apprezzamenti, ha chiaro cosa l’altra persona abbia notato di positivo e come questo abbia arricchito la sua esperienza di vita.

Questo è l’aspetto dell’apprezzamento che fa presa: l’aver contribuito ad arricchire l’esperienza di vita altrui.

Di questo tipo di apprezzamenti, secondo Rosenberg, l’essere umano e la società hanno sete.

Ebbene… tocca a te! Quale apprezzamento ti farebbe piacere ricevere oggi? Da chi?

Puoi scriverlo qui sotto nei commenti oppure condividere e commentare dove vuoi tu o, se preferisci più riserbo, puoi scriverlo a fontanella.francesca@gmail.com.

 

Riferimenti Bibliografici:

Rosenberg, M.B. Le parole sono finestre [oppure muri]. 2003, Esserci Edizioni.

 

 

Ieri sera: Maschere e Risate al Club dello Storytelling

Ogni serata è diversa al Club dello Storytelling! Ieri sera si è parlato di maschere e non sono mancate le risate grazie alla verve delle partecipanti: ebbene sì, serata al femminile!

Eccovi il racconto dell’incontro.

Dare vita alla maschera

Continua a leggere “Ieri sera: Maschere e Risate al Club dello Storytelling”

Avviare un cambiamento: attrezzatura base per il ‘Salto nel Vuoto’

Per alcuni, avviare un cambiamento è un ‘Salto nel Vuoto‘ (o nel Buio). Nonostante sia forte il desiderio di raggiungere un obiettivo e nonostante sia chiaro alla persona che, per ottenere il risultato atteso, le sia necessario avviare un cambiamento, manca qualcosa. Ecco alcuni attrezzi base.

Prendere atto che, per sua natura, il cambiamento è qualcosa che genera incertezza

A nulla valgono le proteste: il cambiamento non cambia la sua natura e porta con sé incertezza, esiti sconosciuti, novità e sorprese.

L’essere umano predilige situazioni in cui può avere il controllo e in cui gli indizi gli permettano di fare un pronostico rispetto a ciò che accadrà.

Quando si tratta di cambiamenti, questo può non essere possibile.

Non si può sapere come sarà un nuovo posto di lavoro – ad esempio – o come andrà una relazione d’amore, come ci si troverà in una nuova città, cosa succederà se si chiuderà quella relazione o se si deciderà di perdonare qualcuno che ha fatto un torto.

Per tutti i cambiamenti importanti dobbiamo intraprendere un salto nel buio. (W.James)

Accettare il momento di disequilibrio tra la situazione attuale e la situazione attesa

Se hai la fortuna di camminare, conosci già questa esperienza. Prova, alzati in piedi e fai un passo: noti che che per qualche millesimo di secondo sei in disequilibrio?

Per andare avanti, sei abituata/o a rinuciare alla stabilità e a fare un passo allungando un piede nel vuoto e restando in equilibrio – precario – sulla punta dell’altro.

Quel momento di disequilibrio è parte del cambiamento e del passaggio tra ciò che è ora e ciò che sarà. È parte del viaggio.

Riconoscere che il cambiamento parte da te

run-pixabay. wokandapix

Ok, sono d’accordo: gli eventi possono cambiare anche se si resta ad aspettare!

Eppure, se anche capitasse, gli eventi cambiano con i loro tempi e potrebbero non essere i tuoi.

Vale la pena attendere un tempo indefinito nell’attesa che qualcosa produca il cambiamento che tu stesso/a potresti attuare adesso?

Si può cambiare solo se stessi
Sembra poco ma se ci riuscissi
Faresti la rivoluzione

(Vasco Rossi)

[Ascolta Cambiamenti di Vasco Rossi]

Prepararsi ad accogliere con curiosità gli esiti del cambiamento

Il cambiamento porta ad esiti variabili. Cosa fare se l’esito non è quello desiderato?

Vanno ricordate tre frasi magiche che, per comodità, chiamiamo Le 3 A:

  1. Accogli l’opportunità di qualcosa di inatteso
  2. Accetta ciò che non puoi cambiare
  3. Abbi il coraggio di cambiare le cose che puoi

Oh oh! Ancora cambiamenti? Sì, è così. Ad ogni cambiamento può seguirne un altro.

[Può interessarti anche: La Paura di sbagliare: un modo per trasformarla in Coraggio di scegliere]

Qualsiasi sia l’esito, tu rimani una persona di valore

Quante cose hai fatto oggi da quando è cominciata la tua giornata? Valgono anche le cose piccole come lavarsi i denti e scaldare un piatto al microonde…

Che tu ne abbia fatte molte o poche, alcune ti saranno riuscite ed altre non ti saranno riuscite come desideravi. Durante la giornata, durante la vita, si fanno molte cose, alcune bene, altre meno. Addirittura, una stessa attività può riuscire qualche volta meglio di altre e qualche volta non riuscire affatto.

Basare il proprio valore sugli esiti delle cose che si fanno rende il tuo valore molto fluttuante: ora sì, ora  no… ora no… ora abbastanza, ora sì, ora forse…

In gergo, si è fatto un errore di attribuzione: si attribuisce all’esito dell’azione il potere di determinare il proprio valore.

In fase di cambiamento, è importante riconoscere il proprio valore a prescindere dall’esito delle azioni che si compiono.

Ecco perché molte persone, prima di attuare un cambiamento importante, scelgono di rivolgersi ad uno psicologo: in pochi incontri ri-disegnano la mappa del cambiamento, ne valutano l’opportunità e attrezzano il loro zaino da viaggio con gli strumenti utili per la loro vita.

Stai per avviare un cambiamento? Ti piacerebbe conoscere la mappa della migrazione dell’identità e iniziare bene il tuo viaggio?

Scrivimi la tua storia: fontanella.francesca@gmail.com

Le “Immagini di Maestria” contro l’Insicurezza

L’Insicurezza  è una condizione, più o meno passeggera, in cui può capitare di trovarsi nell’arco della propria vita. Che ti sia capitato, che ti stia capitando o che tu conosca qualcuno che sta vivendo con Insicurezza, potrebbe interessarti scoprire le “Immagini di Maestria“.

I gradi dell’Insicurezza

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Un po’ di Insicurezza può avere un valore protettivo e motivante. Provando un po’ di Insicurezza, ci si può sperimentare nel trovare modi per sentirsi più sicuri e poi agire.

Potete misurare l’Insicurezza ponendovi alcune domande:

  • La sensazione di Insicurezza quanto spazio occupa nella mia vita (oppure in questo momento) da o a 100?
  • Lo spazio che occupa l’Insicurezza mi sembra tanto o poco?
  • Quanto spazio vorrei occupasse per sentire di poterla gestire?

Nel rispondere a queste domande potreste cominciare a vedere con più chiarezza l’influenza e la forza della sensazione di Insicurezza.

Potreste, anche, valutare se potete accoglierla come uno stimolo positivo o se, invece, abbia effetti negativi.

Insicurezza e Impotenza appresa: un circolo vizioso

L’Insicurezza può dare il via ad un circolo vizioso. Quando questo avviene, più o meno si sviluppa in questo modo:

  • Dubbio sull’efficacia delle proprie azioni;
  • Calo della fiducia, della motivazione e dell’impegno: si fa meno di quello che si farebbe se si credesse nelle proprie risorse;
  • Il risultato ottenuto non è quello sperato e si può provare, ad esempio,  delusione o frustrazione;
  • Emerge la convinzione che i propri sforzi non valgono niente;
  • Diminuiscono i tentativi di migliorare la situazione che si desidera cambiare;
  • Arriva il senso di impotenza e aumenta la sensazione di Insicurezza.

[Potrebbe interessarti anche: Rinuncia e sensazione di Impotenza: si può fare qualcosa?]

Trasformare il circolo vizioso in circolo virtuoso con l’immaginazione

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Ti propongo uno strumento di tipo immaginativo per aumentare la consapevolezza delle tue abilità personali e diminuire l’influenza dell’Insicurezza: le Immagini di Maestria di Arnold Lazarus.

Per prima cosa, pensa ad una cosa che sai fare bene. Non ti viene in mente? Pensaci con calma. Può essere anche qualcosa che ti è riuscito bene tempo fa o che ti sembra una capacità secondaria. Crea una lista che contenga almeno 3 cose che sai fare bene.

Ti faccio qualche esempio: preparare una torta, dipingere, riparare oggetti, fare uno sport, organizzare la giornata, stirare le camicie, truccarti, raderti la barba …

Le Immagini di Maestria in pratica

Scegli una delle tre attività che sai fare bene e visualizzati mentre fai quella attività. Crea un’immagine ricca, in cui vedi i dettagli dei tuoi movimenti e del risultato che ottieni. Immagina che la tua prestazione sia la migliore di sempre,  e rendila unica e speciale. Visualizzati mentre mostri il tuo risultato  e ottieni complimenti, gratificazioni, applausi…

Non fare confronti e accogli con piacere il riconoscimento per la tua maestria.

Ripeti per una settimana, almeno una volta al giorno e divertiti a immaginare i tuoi successi in ognuna delle attività che hai indicato nella tua lista.

Dall’immaginazione alla realtà

Dopo l’allenamento immaginativo, arriva il momento della prova pratica dal vivo. Mentre ti dedichi all’attività che ti riesce bene e in cui ti sei allenato durante le visualizzazioni, nota l’effetto che hanno i tuoi successi sulla sensazione di Insicurezza: quanto spazio occupa ora l’Insicurezza? Lo spazio è diminuito?

Se sì, ottimo!

Come puoi festeggiare questo risultato?

Se no…

Aggiungi una colonna sonora ai tuoi esercizi di visualizzazione, scegliendo una canzone o più canzoni che ti diano una sensazione di sicurezza – forza, incoraggiamento, energia, motivazione…- e allenati di nuovo con le Immagini di Maestria.

Se, ancora, non funziona, potresti pensare ad un percorso per aumentare il senso di sicurezza e di efficacia personale e per equilibrare l’autostima.

Vuoi conoscere meglio come funzionano le visualizzazioni e le Immagini di Maestria?

Scrivimi a: fontanella.francesca@gmail.com

Tu per chi tifi? Per la conquista del benessere o per la liberazione dal disagio?

 

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Flickr.com/Nazionale Calcio

Qualche settimana fa, un’indagine statistica volta a conoscere i bisogni psicologici della popolazione italiana ha identificato un interessante fattore: alcune persone preferiscono pensare all’equilibrio emotivo e cognitivo come ad una conquista, altri come ad una liberazione dagli elementi di difficoltà.

Il risultato è lo stesso, il punto di vista cambia!

Il risultato cercato e atteso è lo stesso: equilibrio emotivo e cognitivo, ossia il benessere psicologico e, per traslazione, psicofisico.

Il punto di vista, tuttavia, è diverso.

Chi pensa al risultato in termini di conquista inizia un percorso psicologico focalizzandosi in particolare sulla crescita personale, sull’autostima, sulla comunicazione e la conoscenza di sé.

Chi pensa al risultato in termini di liberazione dalla condizione di difficoltà, invece, inizia un percorso psicologico cercando strumenti e strategie per togliere ciò che suscita malessere.

Il percorso di conquista
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Flickr.com/Marina Balasini & Juan Montiel – Luz en la montana

Il percorso di conquista è volto a conoscere le proprie narrazioni automatiche e a crearne di alternative, a scoprire e riscoprire le risorse, a potenziare l’unicità individuale.

La persona sviluppa senso di autoefficacia – ossia la consapevolezza di poter vivere bene, grazie alle sue competenze -, equilibra l’autostima, si allena ad emozionarsi meglio e a comunicare in linea con i suoi valori.

Il percorso di liberazione

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Il percorso di liberazione è volto a conoscere e utilizzare strumenti di rilassamento e di regolazione emotiva, a sbloccare situazioni – ad esempio – di inibizione e conflitto, ad acquisire strategie per la gestione e il sollievo del dolore e per ridurre gli effetti psicosomatici.

La persona si libera del disagio e riacquista il benessere auspicato.

Il jukebox dello psicologo: i 4 risultati più richiesti
Jukebox
Flickr.com/phphoto2010 – Jukebox 01a

Secondo l’indagine di mercato, i 4 risultati più richiesti sono:

  • Felicità
  • Serenità
  • Sicurezza
  • Agio

La Serenità e la Sicurezza sono obiettivi desiderati, in particolare, da chi sceglie il percorso di conquista, mentre la Felicità e l’Agio sembrano essere maggiormente attesi da chi sceglie il percorso di liberazione.

Tu per chi tifi?

La tua preferenza va alla conquista o alla liberazione? O ad entrambe?

Nella mia esperienza clinica questi due percorsi e i risultati attesi non sono così distinti. Può capitare che una percorso si trasformi in un altro oppure, più spesso, che i due percorsi si intersechino.

Adoro, professionalmente, questa seconda opzione.

L’integrazione di conquista e liberazione accresce la possibilità di benessere, coniugando la conoscenza di strumenti per liberarsi di ciò che fa star male alla conoscenza di  strumenti per potenziare la propria unicità.È una chiave di benessere nel lungo termine.

Ti piacerebbe cominciare un percorso di conquista o di liberazione? O uno che integri entrambi?

Scrivimi la tua storia: fontanella.francesca@gmail.com

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Flickr.com/Nazionale Calcio

Fonte:

Indagine di mercato sulla psicologia professionale, ENPAP. Ricerca condotta da baba – Ricerche di mercato e analisi di scenario – www.babaconsulting.com

Hai fatto l’Albero? Quale? – L’Albero della Vita, un modo creativo per conoscerti davvero

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Ti conosci già abbastanza: stai con te stesso/a tutto il giorno e sono diversi anni che ogni giorno godi di una posizione privilegiata per conoscerti.

Stai a contatto con il tuo corpo e i tuoi movimenti, odi la tua voce anche attraverso le risonanze della cassa toracica; sai cosa ti piace e cosa non ti piace; percepisci emozioni, stress, stanchezza; puoi notare le contraddizioni tra ciò che pensi e ciò che fai o dici…

Tanti stimoli 

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In questa posizione privilegiata il numero di stimoli diversi che possono arrivare in ogni istante sono davvero molti. Ti basti pensare a questo momento specifico: dove sei? Cosa c’è intorno a te? Che colori vedi? Che rumori senti? Stai mangiando o bevendo qualcosa? Ti sta piacendo quello che leggi?

L’accumulo di stimoli e la possibilità di percepire contraddizioni, di ‘ascoltare’ i pensieri che non piacciono, di provare emozioni che danno sensazioni sgradevoli, possono creare dei blocchi che suscitano domande del tipo: “Perché mi comporto così?”, “Perché mi sento così?”; “Perché non riesco a decidere?”, “Perché ho cambiato idea?”…

Conoscerti davvero con L’Albero della Vita

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Per dare una risposta a questo tipo di domande hai bisogno di dedicare del tempo a fare ordine tra gli stimoli, per conoscerti di più, per conoscerti meglio, per conoscerti davvero.

Tra i modi, gli strumenti e le tecniche che il mio lavoro offre per aiutare a conoscersi davvero, mi piace molto l’Albero della Vita. 

Mi piace perché è creativo e permette di toccare se stessi senza forzare la mano.

Mi piace perché è del tutto personalizzato e offre sempre (sempre!) delle sorprese.

Mi piace perché consente di riconoscere nei propri eventi di vita ciò che nutre e ciò che può essere lasciato andare.

Mi piace perché equilibra l’autostima e sa mostrarti il meglio di te.

Mi piace perché è un trampolino di lancio per sogni, desideri, obiettivi.

Mi piace perché offre dei significati, dei “perché”.

Mi piace perché è un’istantanea della propria vita sino ad ora e ti permette di scoprire cosa puoi usare, adesso, per andare avanti a modo tuo.

Possono bastare un paio di incontri: se non hai fatto l’Albero, pensaci! 🙂

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