Quando una migrazione hosting ha risvolti… psico!

Migrazione Hosting: ti è mai capitato?

A me sì, per la prima volta, in questi 10 giorni. A prima vista tutto molto semplice: il nuovo luogo virtuale che ospita il sito accoglie la richiesta e dopo una serie di passaggi burocratici per la consegna del testimone, il tuo sito è online come prima, ma il server di riferimento è diverso.

Va be, facile! Facciamo?

Contatto chi sa fare questo lavoro, Marco e Enrica -perché sono dell’idea che a ognuno il suo lavoro, e per fortuna ho scelto così! – e scelgo anche di cogliere l’occasione per il rinnovo grafico del sito.

Da qui inizia un’avventura che mi ha fatto pensare al mio lavoro di psicologa e ai cambiamenti che vivono le persone che chiedono il mio supporto.

Che c’entra un cambio hosting con un cambiamento psicologico? 🤔

Eh, mi è passata per la mente questa associazione di idee e la metto qui, per chi potesse esserne interessato! 😉

Migrazione hosting vs migrazione dell’identità

In Terapia Narrativa, esiste una mappa operativa che si chiama Mappa della migrazione dell’identità. Nulla di mistico! Per migrazione dell’identità si intende un passaggio da una situazione a un’altra che produce un cambiamento (positivo) nel proprio modo di vedersi e considerarsi e nel modo in cui si considerano relazioni e eventi di vita.

La migrazione dell’identità e la migrazione hosting hanno in comune diversi aspetti, tra cui i possibili trabocchetti, gli ostacoli, gli impicci.

Vediamo questi passaggi, con poco rigore metodologico e un poco di ironia 🙂

Comincia la migrazione 

Chiedere il trasferimento al vecchio gestore per procedere.

Chiedere alla situazione problematica di lasciarti migrare verso la soluzione del problema.

Ostacolo 1

Qualcosa vincola il mio sito a restare lì, ancorato.

Qualcosa ti vincola a restare lì, con il problema poco amato.

Soluzione

Paziente conversazione chat per comprendere come uscire dall’impiccio. Preziosa collaborazione di Marco. Imparare nuove terminologie.

Conversazione con lo psicologo per comprendere come uscire dall’impiccio. Preziosa collaborazione tra te e lo psicologo. Impari nuove terminologie e nuovi punti di vista.

Ostacolo 2

Uscendo dall’impiccio così, allo sbaraglio, il sito va perduto.

Abbandonando il problema così, allo sbaraglio, qualcosa di te va perduto e potresti sentirti destabilizzato, non trovarti più.

Soluzione

Paziente conversazione chat per comprendere come non perdere il sito. Preziosa collaborazione di Marco.

Conversazione con lo psicologo per comprendere come produrre il cambiamento senza perdere te stesso/a.

Ostacolo 3

Backup… e meno male che lo abbiamo fatto! Dalla piattaforma il mio sito non è più visibile!

Oops! È capitato e ti sei perso/a di vista durante il cambiamento!

Soluzione

Paziente conversazione chat, blocco di link al sito per evitare alle persone di incappare in pagine vuote. Post su Facebook, per informare chi potrebbe essere interessato.

Conversazione con lo psicologo, condivisione di appunti, esercizi di scrittura e altri esercizi espressivi per lasciare traccia della situazione di partenza. Collaborazione e comunicazione con le persone care.

Ostacolo 4

Dopo la procedura standard, il vecchio gestore vuole lasciare  del tempo per ripensarci! I tempi si allungano!

Il problema si fa risentire. A un tratto, quando pareva andasse meglio, il problema si ripresenta.

Soluzione

Si sceglie di chiedere di intervenire subito. Preziosa collaborazione del mio compagno, che mi invita a insistere.

È il momento di insistere affinché il problema molli la presa su di te. Chiedi supporto a chi ti è vicino.

Ostacolo 5

Ehm… il backup non si carica sul nuovo hosting e non si sa perché! Questa faccenda dura più di 48 ore e Enrica e Marco in questo sono pre-zio-sis-si-mi.

Non ce la fai. Ti pareva di poter cambiare e stare bene, ma non ci riesci. Provi e riprovi e non senti di aver raggiunto il tuo risultato, che ti sembra lontano.

Soluzione

Respiro consapevole, attesa, accettazione emotiva, comunicazione del disappunto, a casaccio, a chi mi capita sotto tiro. Paziente sopportazione di Marco e del mio compagno.

Tu puoi fare di meglio. Bene la respirazione, l’accoglienza di ciò che provi, pure la comunicazione a casaccio. In questo momento, però, spremi lo psicologo. È lì per te.

E poi…

Sorpresa! Questa mattina al risveglio ricevo un messaggio su whatsapp che dice:

Il buongiorno si vede dal mattino 😎 vai un po’ sul sito!

Giubilo! Il sito è finalmente migrato! Ora ci mettiamo a farlo bello e a rinnovare il tutto, con i dettagli fashion che merita!

Sorpresa! Un giorno, a un tratto, noti di aver vissuto una qualunque esperienza quotidiana in modo completamente diverso dal solito!

Gioia! La migrazione è avvenuta! Ora puoi giocare a impreziosirla con i dettagli che desideri, ma il passaggio, quello tosto, è fatto.

Vuoi migrare hosting? Ti suggerisco Marco e Enrica!

Vuoi conoscere la mappa di migrazione dell’identità? Scrivimi a fontanella.francesca@gmail.com

 

Quando una migrazione hosting ha risvolti… psico!

Migrazione Hosting: ti è mai capitato?

A me sì, per la prima volta, in questi 10 giorni. A prima vista tutto molto semplice: il nuovo luogo virtuale che ospita il sito accoglie la richiesta e dopo una serie di passaggi burocratici per la consegna del testimone, il tuo sito è online come prima, ma il server di riferimento è diverso.

Va be, facile! Facciamo?

Contatto chi sa fare questo lavoro, Marco e Enrica -perché sono dell’idea che a ognuno il suo lavoro, e per fortuna ho scelto così! – e scelgo anche di cogliere l’occasione per il rinnovo grafico del sito.

Da qui inizia un’avventura che mi ha fatto pensare al mio lavoro di psicologa e ai cambiamenti che vivono le persone che chiedono il mio supporto.

Che c’entra un cambio hosting con un cambiamento psicologico? 🤔

Eh, mi è passata per la mente questa associazione di idee e la metto qui, per chi potesse esserne interessato! 😉

Migrazione hosting vs migrazione dell’identità

In Terapia Narrativa, esiste una mappa operativa che si chiama Mappa della migrazione dell’identità. Nulla di mistico! Per migrazione dell’identità si intende un passaggio da una situazione a un’altra che produce un cambiamento (positivo) nel proprio modo di vedersi e considerarsi e nel modo in cui si considerano relazioni e eventi di vita.

La migrazione dell’identità e la migrazione hosting hanno in comune diversi aspetti, tra cui i possibili trabocchetti, gli ostacoli, gli impicci.

Vediamo questi passaggi, con poco rigore metodologico e un poco di ironia 🙂

Comincia la migrazione 

Chiedere il trasferimento al vecchio gestore per procedere.

Chiedere alla situazione problematica di lasciarti migrare verso la soluzione del problema.

Ostacolo 1

Qualcosa vincola il mio sito a restare lì, ancorato.

Qualcosa ti vincola a restare lì, con il problema poco amato.

Soluzione

Paziente conversazione chat per comprendere come uscire dall’impiccio. Preziosa collaborazione di Marco. Imparare nuove terminologie.

Conversazione con lo psicologo per comprendere come uscire dall’impiccio. Preziosa collaborazione tra te e lo psicologo. Impari nuove terminologie e nuovi punti di vista.

Ostacolo 2

Uscendo dall’impiccio così, allo sbaraglio, il sito va perduto.

Abbandonando il problema così, allo sbaraglio, qualcosa di te va perduto e potresti sentirti destabilizzato, non trovarti più.

Soluzione

Paziente conversazione chat per comprendere come non perdere il sito. Preziosa collaborazione di Marco.

Conversazione con lo psicologo per comprendere come produrre il cambiamento senza perdere te stesso/a.

Ostacolo 3

Backup… e meno male che lo abbiamo fatto! Dalla piattaforma il mio sito non è più visibile!

Oops! È capitato e ti sei perso/a di vista durante il cambiamento!

Soluzione

Paziente conversazione chat, blocco di link al sito per evitare alle persone di incappare in pagine vuote. Post su Facebook, per informare chi potrebbe essere interessato.

Conversazione con lo psicologo, condivisione di appunti, esercizi di scrittura e altri esercizi espressivi per lasciare traccia della situazione di partenza. Collaborazione e comunicazione con le persone care.

Ostacolo 4

Dopo la procedura standard, il vecchio gestore vuole lasciare  del tempo per ripensarci! I tempi si allungano!

Il problema si fa risentire. A un tratto, quando pareva andasse meglio, il problema si ripresenta.

Soluzione

Si sceglie di chiedere di intervenire subito. Preziosa collaborazione del mio compagno, che mi invita a insistere.

È il momento di insistere affinché il problema molli la presa su di te. Chiedi supporto a chi ti è vicino.

Ostacolo 5

Ehm… il backup non si carica sul nuovo hosting e non si sa perché! Questa faccenda dura più di 48 ore e Enrica e Marco in questo sono pre-zio-sis-si-mi.

Non ce la fai. Ti pareva di poter cambiare e stare bene, ma non ci riesci. Provi e riprovi e non senti di aver raggiunto il tuo risultato, che ti sembra lontano.

Soluzione

Respiro consapevole, attesa, accettazione emotiva, comunicazione del disappunto, a casaccio, a chi mi capita sotto tiro. Paziente sopportazione di Marco e del mio compagno.

Tu puoi fare di meglio. Bene la respirazione, l’accoglienza di ciò che provi, pure la comunicazione a casaccio. In questo momento, però, spremi lo psicologo. È lì per te.

E poi…

Sorpresa! Questa mattina al risveglio ricevo un messaggio su whatsapp che dice:

Il buongiorno si vede dal mattino 😎 vai un po’ sul sito!

Giubilo! Il sito è finalmente migrato! Ora ci mettiamo a farlo bello e a rinnovare il tutto, con i dettagli fashion che merita!

Sorpresa! Un giorno, a un tratto, noti di aver vissuto una qualunque esperienza quotidiana in modo completamente diverso dal solito!

Gioia! La migrazione è avvenuta! Ora puoi giocare a impreziosirla con i dettagli che desideri, ma il passaggio, quello tosto, è fatto.

Vuoi migrare hosting? Ti suggerisco Marco e Enrica!

Vuoi conoscere la mappa di migrazione dell’identità? Scrivimi a fontanella.francesca@gmail.com

 

Quale tipo di Depressione hai?

Le Depressioni non sono tutte uguali, ne esistono diversi tipi, infiniti, se vogliamo. Quale tipo di Depressione hai?

Le Depressioni non sono tutte uguali, ne esistono diversi tipi, infiniti, se vogliamo. Quale tipo di Depressione hai?

“Dottoressa, sono depresso!”

“Mmm e quale tipo di Depressione ha?”

Comincia spesso così una conversazione terapeutica nel mio studio. E prosegue, più o meno, in questo modo…

Ce ne sono diversi tipi?

“Ce ne sono diversi tipi? Non me lo hanno detto!”

Oppure

“Non lo so, credo mi abbiano detto ‘Depressione maggiore'” (o ‘reattiva’, o altre etichette del caso).

A queste risposte mi capita di dire qualcosa del tipo:

“Ok, e la Depressione Maggiore che conosce com’è? Com’è fatta? Le sembra maschio o femmina? Che tipo di comportamenti adotta per influenzare la sua vita?

Questo tipo di domande sono le prime di una serie che ha l’obiettivo di aiutare a esternalizzare la Depressione o altre difficoltà/disagi/problemi che le persone incontrino nella loro vita.

Si tratta di passare dalla percezione di se stessi come depressi, alla consapevomaps of narrative practicelezza di vivere insieme alla Depressione, con la quale ci si può relazionare per riappropriarsi dello spazio vitale che lei, per natura, tende a scippare.

Questo punto di vista si rifa alle mappe narrative di Michael White.

Come scoprire quale tipo di Depressione hai

1 – Per scoprire quale tipo di Depressione accompagna la tua vita, puoi iniziare… disegnandola!

???

Sì, disegnandola oppure facendone una fotografia oppure, se ti piace scrivere, puoi raccontarne la storia, oppure puoi farne una statutetta di argilla… Qualche tempo fa una persona creò un pupazzo di pezza che rappresentava la Paura! 🙂 Quindi spazio alla creatività! Se ti va, dai anche un nome alla Depressione.

Primo Passo: dare una forma concreta. spunta

2 – Descrivi come influenza la tua vita nei vari contesti (famiglia, lavoro, scuola, amicizie, sport, speranze per il futuro…)

Questo passo offre l’opportunità di cominciare a conoscere effetti e conseguenze della Depressione sulla tua vita. Quali abitudini ha la Depressione? Quali valori persegue? In che modo agisce?

Secondo Passo: scoprire come ti influenza.

3 – Dì la tua: sei d’accordo con il comportamento di Depressione? Ti sta bene il modo in cui ti influenza?

In questo passo puoi prenderti il gusto e la responsabilità di dire la tua. Depressione ha le sue abitudini e le sue modalità di influenzarti, ora tu puoi dire se concordi con lei e in cosa oppure se sei in disaccordo e vorresti metterne in discussione alcune influenze sulla tua vita.

Tu e Depressione siete in relazione e puoi avere il tuo punto di vista, diverso dal suo.

Terzo Passo: dì la tua.

4 – Perché? (Motiva la tua risposta al terzo passo)

In questo passo puoi giustificare e spiegare la ragione per cui concordi o sei in disaccordo con Depressione. Tutte le risposte vanno bene, rispondi ciò che pensi e ciò che senti.

Quarto Passo: motiva e giustifica il tuo punto di vista.

Ok e adesso?

Se hai fatto i 4 Passi, avrai con te una rappresentazione concreta della Depressione e avrai cominciato a conoscerla meglio: le sue intenzioni e abitudini, il modo in cui ti influenza e ciò che tu pensi di lei (o lui, potresti aver scelto che Depressione è maschio!). Forse saprai anche perché hai una certa opinione rispetto a Depressione.

Ora hai il materiale di lavoro per cambiare la tua relazione con la Depressione, se lo desideri.

Hai a che fare con un personaggio unico, al di fuori delle diagnosi e molto più accessibile e vicino alla tua realtà di vita.

Questo ti dà la possibilità di cominciare a riflettere sulle modalità per riprendere lo spazio di vita che ti spetta. Ad esempio: come ti relazioneresti con un personaggio del genere se lo incontrassi? Come gli parleresti? Cosa saresti disposto a condividere con lui/lei?

Ehm… non capisco come possa essermi utile!

ok e adessoQuesta modalità esplorativa può essere controintuitiva e può essere complesso lavorarci in autonomia. L’idea migliore, a mio avviso, è cercare uno psicologo che utilizzi questo metodo e appoggiarsi a lui/lei per proseguire nell’esplorazione e costruire le soluzioni e i cambiamenti. Puoi contattarmi per conoscere i nomi di colleghi in Italia e all’estero.

Dal canto mio, se sei interessato/a a esplorare il problema, ti propongo il…

Quinto passo: inviami le tue risposte ai 4 Passi

Attenzione proposta commerciale 🙂 

Questa sezione dell’articolo ti interessa solo se desideri esplorare il problema.

Ebbene, puoi inviarmi una mail con le risposte ai 4 Passi e una fotografia della tua realizzazione concreta di Depressione (o di qualsiasi altro problema! Questa proposta vale anche per Ansia, Paura, Dolore, Rabbia… quello che vuoi tu!).

Una volta letta la tua mail, ti comunicherò se sarà possibile esplorare insieme il problema e, se sarà così, potremo procedere in questo modo:

  • 2 incontri da 60 minuti (in studio, online su Skype, telefonici)
  • 1 mail o telefonata di accompagnamento a distanza di tre settimane dal secondo incontro
  • 1 mail o telefonata di accompagnamento a distanza di tre mesi dal secondo incontro

Il costo? 125,70, con omaggio del mio libro Kairòs in versione cartacea che ti spedirò a casa.

Il costo è così calcolato:

  • 2 incontri da 60 minuti: 51 euro cadauno >> 102 euro
  • 2 mail o telefonate di accompagnamento: 10 euro cadauna >> 20 euro
  • Costi di gestione: marca da bollo, spedizione del libro >> 3,70 euro

Che ne pensi? Quale beneficio pensi ne trarresti?

Hai una storia di Depressione che ti va di condividere con altri? Puoi raccontarla nei commenti, se ti va!

 

 

 

 

 

 

Vivere con il dolore cronico: 4 (+1) strategie

Una recentissima ricerca offre 4 (+1) strategie per ridurre il dolore cronico e i suoi effetti collaterali emotivi e relazionali.

Il dolore cronico è frequente: in Europa si stima l’incidenza del dolore cronico non oncologico al 22% della popolazione.

Cosa si intende per dolore cronico?

La IASP (International Association for the Study of Pain – 1986) definisce il dolore come “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno.

E’ un esperienza individuale e soggettiva, a cui convergono sensoriali, esperenziali e affettive.

Il dolore cronico è duraturo, spesso determinato dal persistere dello stimolo dannoso e/o da fenomeni di automantenimento, che mantengono la stimolazione nocicettiva anche quanto la causa iniziale si è limitata. Si accompagna ad una importante componente emozionale e psicorelazionale e limita la performance fisica e sociale del paziente. E’ rappresentato soprattutto dal dolore che accompagna malattie ad andamento cronico (reumatiche, ossee, oncologiche, metaboliche..). E’ un dolore difficile da curare: richiede un approccio globale e frequentemente interventi terapeutici multidisciplinari, gestiti con elevato livello di competenza e specializzazione.

http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?id=3769&area=curePalliativeTerapiaDolore&menu=terapia

Gli effetti psicologici del dolore cronico

Il dolore cronico può generare ansia, tristezza e depressione, diminuzione della fiducia in se stessi e calo dell’interesse nelle relazioni interpersonali.

Questo può avere ripercussioni in ambito familiare e lavorativo amplificando il disagio emotivo e, ahimè, anche il livello di dolore cronico!

Infatti, avendo il dolore una componente affettiva, una situazione di disagio emotivo può accentuare la percezione del dolore, aumentandone, di fatto, il livello.

Le strategie per vivere con il dolore cronico

Una recentissima ricerca – dettagli in bibliografia – di L. Phillips, ha esplorato le strategie di resistenza al dolore cronico, identificandone 4 tipi principali:

  1. Strategie di distrazione: svolgere attività di interesse che, distraendo, alleviano il dolore;
  2. Strategie di spostamento del focus: simili alle precedenti, con la differenza che la persona sposta volutamente l’attenzione su altro rispetto al dolore. Tra queste strategie potremmo annoverare la mindfulness e altre tecniche di rilassamento e immaginative;
  3. Strategie di indagine: esplorazioni delle cause del dolore e approfondimento delle soluzioni per ridurre il dolore;
  4. Ri-negoziazione relazionale: azioni volte a restituire equilibrio alle relazioni interpersonali, messe in discussione dal terzo incomodo del dolore cronico.

Ce n’è una quinta…

Phillips propone, anche, un’altra stategia. Ella ritiene utile porre, a chi soffre di dolore cronico e le chiede un aiuto terapeutico, la  questa domanda:

“Vuoi parlare del dolore o c’è qualcos’altro che ti preme di più?”

Phillips ha osservato che, quando le persone preferiscono parlare di altri temi (di altre difficoltà)  connessi e non al dolore cronico, si crea uno spazio terapeutico in cui sperimentano la possibilità di essere attive nella risoluzione delle difficoltà – con conseguente aumento dell’autostima positiva e del senso di autoefficacacia —

Inoltre, il tema di cui preme loro parlare, si rivela  premere – metaforicamente – anche sul dolore, accentuandolo. Talora, se ne rivela una delle cause. Parlare di altre questioni e difficoltà e trovare soluzioni, influenza positivamente anche la percezione del dolore, il cui livello diminuisce.

Cosa suggerisce questo studio?

Lo studio di Phillips offre due spunti di riflessione:

  1. L’importanza di trovare strategie personali in almeno una della categorie proposte;
  2. L’utilità di indirizzare le proprie energie a parlare di temi e questioni alternativi al dolore cronico.

Lo studio ci dice che, attraverso queste due modalità, è possibile ridurre il dolore, ridurne gli effetti collaterali psicologici e scoprirne cause inesplorate.

Soffri di dolore cronico e vuoi allenarti a ridurre il dolore?

Parliamone e cerchiamo le domande e le risposte più utili a te!

Fonti:

Phillips, L. (2017). A Narrative Therapy Approach to Dealing with Chronic Pain. The International Journal of Narrative Therapy and Community Work, 1, 21-30.

http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?id=3769&area=curePalliativeTerapiaDolore&menu=terapia

Quando la coppia è in crisi

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Nei prossimi giorni uscirà un mio nuovo articolo ne Lo Psicologo del Rock. L’articolo racconterà l’utilità e  l’utilizzo della musica per recuperare la comunicazione nella coppia e dare un’opportunità nuova  alla relazione, se è possibile.

Colgo questa occasione per parlare, anche qui, della relazione di coppia.

In alcuni articoli precedenti ho descritto l’importanza di prendere atto delle difficoltà e della crisi, l’importanza di una comunicazione non violenta, i possibili errori comunicativi (che capitano proprio a tutti!) ed ho presentato un esempio pratico di conversazioni terapeutiche per la coppia.

Potrei considerare gli articoli precedenti una sintesi di tutto ciò che trovo utile nel sostegno e nella consulenza di una coppia.

Consapevolezza delle difficoltà

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Credo fermamente nell’importanza della consapevolezza della difficoltà: se manca questa consapevolezza da parte di un membro della coppia, può essere vano anche il solo invito ad un colloquio di consulenza.

               Qualche volta, il membro non consapevole può scegliere di accontentare l’altro: è un’ottima possibilità per aiutarlo a notare i punti deboli della coppia e per valutare insieme se si desideri trasformarli in punti di forza.

Comunicare, raccontarsi e condividere

Nella coppia si parla di tante cose pratiche e, qualche volta, si dimentica di raccontare di sé. Esperienze di vita, emozioni attuali, pensieri e sensazioni, meritano uno spazio nell’intimità della coppia e la rinsaldano e arricchiscono. Anche la condivisione di esperienze e attività può essere uno strumento di unione per la coppia.

Qualche volta le cose da comunicare possono non essere piacevoli: in questi momenti l’organismo si attiva per proteggersi e l’attivazione fisiologica causata dall’allerta può influenzare negativamente la comunicazione, rendendola poco chiara e causando fraintendimenti che possono sfociare in litigi.

            Una consulenza psicologica ha l’obiettivo di aiutare a trovare i modelli comunicativi più adatti alla coppia.

Usare le risorse della coppia e trovare soluzioni nuove

Spesso le soluzioni sono a portata di mano. Le risorse dei due membri e l’intreccio tra queste risorse crea un terreno fertile per raccogliere soluzioni efficaci già rodate o seminare soluzioni inedite.

            Per esperienza professionale, è in questo intreccio che diventa particolarmente utile il ruolo dello psicologo. La coppia fatica a vedere e ad utilizzare le proprie risorse perché abituata da tempo a conoscerle e, coinvolta dalla situazione di difficoltà, perde di vista la possibilità di creare soluzioni nuove e alternative.

La consulenza di coppia libera dai fraintendimenti

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Mi capita di incontrare coppie in cui un membro non vuole ricevere una consulenza perché ha già deciso di chiudere la relazione e teme che l’incontro possa illudere il/la partner.

L’incontro è un terreno neutrale in cui la coppia può confrontarsi e dare una valutazione della situazione. Partecipare ad un incontro di consulenza non significa riaggiustare la coppia, ma dare strumenti per scegliere quale direzione dare alla storia della relazione.

Lo spazio di condivisione elimina equivoci e fraintendimenti e non suscita illusioni o aspettative. Stimola, invece, riflessioni che chiariscono le motivazioni e i ruoli di entrambi i membri della coppia, favorendo una presa di decisione condivisa.

Alcune domande utili

Trovate, alla fine di questo breve video, alcune domande utili per comunicare meglio nella coppia e per conoscervi e condividere di più.

Nel caso in cui stiate vivendo un momento di difficoltà di coppia, le stesse domande sono un modo per cominciare a scoprire se e come dare alla coppia una nuova possibilità.

Ti è piaciuto l’articolo? Condividilo con le persone importanti per te!

Dott.ssa Francesc Fontanellahands-437968_960_720

C’era una volta un re…Liberarsi dai pensieri negativi

pensieri

Pubblico questa storia su richiesta della protagonista. Ha risolto il suo problema in un incontro (succede, qualche volta) e desidera far sapere che è possibile farcela, anche quando le difficoltà sembrano non avere soluzione.

È una bella donna, sulla quarantina. Entra velocemente in studio e chiede dove possa accomodarsi. Va al dunque:

Ho pensieri continui e ripetitivi sullo stesso argomento. Non ne posso più!

Ricorda la filastrocca del re? C’era una volta un re, seduto sul sofà che disse alla sua serva: raccontami una storia! E la serva incominciò: c’era una volta un re…

Funziona esattamente così!

Pensieri ricorrenti, ansia e angoscia

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La donna – la chiameremo Vanna – racconta quello che molte persone nella sua situazione raccontano.

È come se non potessi liberarmi da questi pensieri! Occupano il mio tempo, mi fanno perdere la concentrazione al lavoro, prosciugano le mie energie e mi danno la sensazione di essere in trappola. Sono invadenti!

I pensieri ricorrenti sono spesso associati dalle persone a due emozioni: l’ansia e l’angoscia. Anche Vanna riconosce che i pensieri generano ansia perché vorrebbe avere una soluzione a portata di mano e, al contempo, non trovandola, prova angoscia e si sente in trappola.

I pensieri ricorrenti possono essere un sintomo d’ansia e, a loro volta, causare ansia. È il caso di Vanna. L’ansia di Vanna vuole che lei riprenda il controllo di un’area importante della sua vita e la sollecita alla ricerca di soluzioni. Il punto è che la soluzione non dipende dalla sola Vanna e che vi sono alcuni aspetti fuori dal suo controllo.

Questo porta il suo cervello a produrre pensieri e riflessioni per cercare una soluzione alternativa: non trovandola, il cervello entra in loop e insiste suscitando senso d’urgenza, ulteriore ansia e angoscia.

Cercare la soluzione tra le soluzioni

In linea con l’Approccio Centrato sulla Soluzione e la Terapia Narrativa, chiedo a Vanna di disegnare due insiemi su un foglio: un insieme contiene le difficoltà che Vanna sta vivendo nella sua vita e per le quali cerca una soluzione attraverso i pensieri ricorrenti; un insieme contiene le soluzioni.

Dove può prendere le soluzioni Vanna? Dall’insieme delle difficoltà o dall’insieme delle soluzioni?

Capisco: sino a che il mio rimuginio è fermo sul problema, non riuscirò a trovare una soluzione. Come faccio?

Non eliminare i pensieri, ma pensare in modo utile

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Il primo, essenziale passaggio, è scoprire il ruolo del rimuginio e dei pensieri ricorrenti (invadenti, come dice Vanna).

Quei pensieri, se fossero persone, cosa pensano di ottenere con la loro invadenza?

Vanna riflette che i pensieri invadenti vogliono essere notati e ci riescono benissimo! Si chiede la ragione per cui vogliano essere notati e esclama:

Sono tanti anni che vivo questa situazione! La ragione per cui i pensieri insistono e sono invadenti è che ora è arrivato il momento di dar loro ascolto! La situazione va cambiata, ma non è tutta in mano mia: quello che devo fare, la soluzione che posso prendere in questo momento è di parlarne e spiegare come vorrei cambiassero le cose.

Vanna gioca la prima fiche

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Vanna sceglie dall’insieme delle soluzioni una prima fiche e gioca il ‘parlare‘: la sua giocata funziona e il mittente del suo messaggio accoglie di buon grado le riflessioni e le proposte di Vanna che torna in studio a salutarmi, soddisfatta dei risultati ottenuti.

Certo, non sempre la prima fiche scelta è quella utile: per Vanna, però, è andata così.

Un grazie di cuore a Vanna (che non si chiama così, ma lei si sta riconoscendo) per aver permesso la condivisione di parte delle sue storie di vita e della sua narrazione.

Dott.ssa Francesca Fontanellapensieri

 

 

 

Come un uomo ha ricominciato a credere in se stesso: un albero, una storia-canzone e una sbirciatina al cielo azzurro

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Neil (nome di fantasia), è un uomo di 40 anni che non trova più stimoli nella sua vita: le vecchie passioni lo annoiano, le amicizie si sono allontanate e, mi dice: “Non ho uno straccio di relazione damore!”. Trascorre gran parte del suo tempo libero in casa, giocando con il computer e guardando la televisione.

“È una vita ridicola per un uomo giovane! Capisco che va fatto qualcosa, ma non so cosa! Non mi piace niente!”

Proprio niente?

Neil sta bene con se stesso durante le sue lunghe passeggiate nei boschi, l’unica attività che lo ha accompagnato in tutta la vita, sin da bambino, senza stancarlo. Osserva la natura e apprezza la serenità che gli trasmettono gli alberi:

“che stanno fermi e nessuno chiede loro niente! Vorrei essere un albero!”

Siamo partiti da qui. Abbiamo dedicato tre incontri alla creazione del suo “Albero della Vita” usando pennarelli colorati e pezzi di stoffa: l’albero diveniva via via più rigoglioso e Neil cominciò ad aggiungervi dettagli – fiori, frutti, un uccellino, farfalle …-. Secondo il modello della pratica narrativa, l’albero è stato impreziosita da contenuti importanti nella vita di Neil: le  origini, le attività preferite, le persone significative, i valori, i desideri…

“È un albero vitale!”

Neil trova la canzone giusta

Neil associa all’albero una canzone che gli ricorda la sua situazione di vita e sceglie Favola, di Eros Ramazzotti.

 

Neil riflette su queste parole del testo:

“[…] fu per scelta sua che si fermò, e stava lì a guardare la terra partorire fiori nuovi.”

“[…] Ho tutto il tempo per me, non ho più bisogno di nessuno”

Neil non vuole fermarsi a guardare il mondo e gli altri ‘partorire fiori nuovi’, vuole concedersi di agire e ricominciare a vivere. Ritiene, inoltre, di avere bisogno della compagnia di altri e di desiderare uscite con gli amici e la possibilità di conoscere persone nuove.

Neil coglie un suggerimento, anzi, due!

L’ascolto della canzone, offre  a Neil un duplice suggerimento, più o meno a questo punto:

“[…] ma un giorno passarono di lì due occhi di fanciulla, due occhi che avevano rubato al cielo un po’ della sua vernice. E sentì tremar la sua radice.”

Suggerimento 1 :L’azzurro

Suggerimento 2: L’amore

Neil comincia a lanciare più spesso sguardi verso l’azzurro del cielo -il suo colore preferito da sempre- acquista una maglietta turchese, organizza una gita al lago con vecchi amici, vuole conoscere nuove persone e trovare l’amore.

Il giro di boa

A metà estate, Neil si iscrive ad un corso di vela:

“Desidero l’aria sul viso, essere circondato dall’azzurro, sentire il sole sulla pelle.”

Neil ha ricominciato a vivere e a frequentare persone, tra cui diverse nuove conoscenze. Da qualche settimana, frequenta una ragazza, dagli occhi azzurri.

“Mi sento bene ed ora voglio vivere. Avevo paura: sono passato dalla paura di vivere alla gioia di vivere!”

Puoi fare anche tu un percorso simile! Hai mai pensato di concedertelo?

Dott.ssa Francesca Fontanellauomo_felice

 

CreAttività e Genio

archimede
Archimede Pitagorico – Walt Disney

In questo articolo scomodiamo etimologie, Antichi Romani, Rinascimento e Illuminismo.

Cosa hanno a che fare con la creatività (CreAttività) e con il Genio?

Il Genio Creativo

Si narra che, per gli Antichi Romani, esistesse un ‘genius‘ che visitava coloro che si mettevano al lavoro per esprimere creativamente le loro idee. La persona occupata ad esprimere un’idea creattivamente era detta ‘avere un genio‘, aver ricevuto la visita del ‘genius‘.

In seguito, durante il Rinascimento e l’Illuminismo, le cose sono cambiate e si è cominciata ad usare una nuova espressione: non più ‘avere un genio’ , ma ‘essere un genio‘. Si è passati, cioè, dall’esternalizzazione all’internalizzazione.

Attraverso questo processo internalizzante si è potuta, ahimè, sviluppare una narrazione dominante per cui ho si è un genio, o no. Di conseguenza, o si è un genio creativo, o no.

Eppure, etimologicamente…
Se andiamo a curiosare nel dizionario etimologico, scopriamo che l’etimologia della parola ‘creare’è riferita alla radice sanscrita kar- (fare), alla radice zendo kere (fare) e al greco κραίνω (kraino,  fare, compiere, realizzare).
Secondo queste etimologie, ‘creare’ significa ‘fare’. Ne consegue che chiunque faccia qualcosa, crea; chiunque si impegni in un’attività, sta creando (creAttività).
Stop complaining and get working – E. Gilbert
Basta protestare, comincia a fare!
 Come si fa? 3 strategie
  1. Impegnati in attività che ti riescono meglio di altre:  Sai cucinare? Canti? Prepari un ottimo caffè? Come stiri tu non stira nessuno? Sai correre? Nuotare? Giochi a Risiko come nessuno mai? Dedicati, ogni giorno, alle tue attività preferite, quelle in cui riesci bene: concediti di sperimentare successi.
  2. Parla ad altri di come ti senti (oppure scrivine): provi gioia, rabbia, paura, ansia? Stanchezza, entusiasmo, delusione, curiosità? Raccontane ad una persona cara o, se preferisci, scrivine su un quaderno da tenere aggiornato.
  3. Prendi in prestito dagli altri le caratteristiche che ti piacciono: vorresti la determinazione del tuo amico? La vitalità della tua insegnante? La serietà del barista all’angolo? L’onestà di tuo padre? La dolcezza di tuo fratello? Il sorriso di nonna? … Che ne dici di prendere in prestito queste caratteristiche? Come cambierebbe la tua vita se lo facessi?

Dai spazio al tuo ‘genius’ cominciando a fare qualcosa per esprimere ciò che sei, al meglio.

Dott.ssa Francesca Fontanella

Thanks to Kate Lindley for sharing a video of E. Gilbert, (TED Talk, Your elusive creative genius).

Vi presento Kαιρός ( Kairós )

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Kαιρός ( Kairós ), in greco antico, significa:

‘momento in cui accade qualcosa di speciale’.

Kαιρός ( Kairós ) è il significato che ha, per me, la psicologia.

Con il cuore che batte forte, vi presento, Kαιρός ( Kairós )!

Non conta, è solo un’eccezione!

pane e burro

Il Mullah Nasrudin, un giorno, si trovò a colazione con un uomo che gli disse: “Dimmi, come mai una fetta di pane imburrata, se cade, cade sempre sul lato imburrato?

Nasrudin, dopo aver ascoltato la domanda, prese una fetta di pane e ne imburrò un lato, poi la lanciò in aria ed essa cadde sul lato non imburrato.

Rispose:”La tua teoria non funziona. Il pane è caduto dal lato non imburrato.”

“Oh no, ti sbagli”, ribatté l’altro, “Hai imburrato il lato sbagliato!”

Questa storiella mostra la resistenza delle proprie credenze. Se una fetta cade sempre sul lato imburrato, nel caso in cui questo non accadesse, si tratta di un errore. Di un’eccezione. Che, si dice, confermi la regola.

Eppure, se un’eccezione c’è, essa merita attenzione. Può dare informazioni importanti sulle ragioni per cui l’eccezione si verifica.

La Pratica Narrativa e l’ Approccio Centrato sulla Soluzione considerano le eccezioni un elemento importante per creare storie e soluzioni alternative quando si vivono situazioni di difficoltà e di disagio.

Perché?

Facciamo un esempio.

Immaginiamo che una persona riferisca di provare ansia e preoccupazione quando si trova in mezzo ad altre persone. Questa esperienza si è verificata così tante volte da esser divenuta una regola, una credenza che la persona ha di se stessa.

Una domanda che ella può porsi e la seguente: questo fatto accade proprio in tutte le occasioni? (Oppure è capitato che, una volta, abbia provato un po’ meno ansia e un po’ meno preoccupazione? Se sì, quando?)

Di norma le persone identificano occasioni in cui le cose sono andate meglio, ma le considerano eccezioni che non meritano attenzione. pacchettino

Se, invece, esse accettano di fermarsi ad osservare l’eccezione, possono avere piacevoli sorprese.

Tornando alla persona del nostro esempio, ella potrebbe riconoscere che, in un’occasione, le cose sono andate meglio per la presenza di un amico, grazie al luogo in cui si era trovata  in quel momento o  al tipo di attività svolta…

Il passaggio successivo

La persona può farsi ancora alcune domande:

Cosa succederebbe se le condizioni dell’eccezione di verificassero nuovamente? L’ansia e la preoccupazione diminuirebbero?

È possibile replicare queste condizioni? (Se sì, come farlo? Se no, cos’altro potrebbe permettere di ottenere un effetto simile?)

Lo ammetto, da soli può non essere facile porsi le domande, darsi le risposte e coglierne gli elementi utili… ma, d’altro canto, lo psicologo che ci sta a fare? 😉pane e burro

Dott.ssa Francesca Fontanella